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Il contributo di Matteo Arru

I pensatori liberali non hanno bisogno di un leader.

Una pletora di piccoli partiti popola lo spazio liberale italiano.

Quando si guardano le loro proposte politiche, queste sono allineate sulla maggior parte dei temi e le differenze sono sfumature più tipiche di correnti piuttosto che un motivo per cui i membri non possano condividere una linea comune.

Queste sfumature di pensiero sono radicate nella mentalità dei liberali dove ogni individuo è un libero pensatore. Esso e’ un potenziale contributore a un dibattito perché ha vissuto esperienze diverse che gli hanno dato un approccio pragmatico all’ideologia.

Per il grande pubblico questo fermento intellettuale è percepito come espressione di un gruppo elitario, lontano dalla realtà. Tuttavia, non c’è niente di più vicino alla complessità della realtà; questo modo di pensare si distingue dalla pura affinità ideologica o dalla polarizzazione di parte che il punto di vista nei partiti maggioritari.

La forma mentale del liberale è un valore estremamente importante che questa comunità esprime.

D’altro canto, i liberali tendono a raggrupparsi in piccoli gruppi di affinità o ad associarsi a gruppi già esistenti più ampi per opportunità elettorali piuttosto che per propria affinità politica.

Il recente dibattito politico in area liberale è principalmente tra due leader, Matteo Renzi e Carlo Calenda. Il problema più grande dei loro partiti e’ che sono personalisti. Infatti, i liberali non mirano ad essere fortemente associati ad alcuna leadership. I partiti così costituiti non possono svilupparsi in questa comunità.

Un libero pensatore potrebbe accettare un compromesso politico, ma solo quando questo sia il risultato di un processo di sintesi democratica a cui ha preso parte.

Un partito politicamente rilevante che parli a tutti i pensatori liberali non può, quindi, svilupparsi all’interno di nessuno dei contenitori politici esistenti.

La prova di ciò è che entrambi i leader citati si sono formati all’interno del Partito Democratico. Non perché fossero di sinistra, ma perché questo offriva l’infrastruttura di governance per la loro ascesa politica.

LDE può essere un tale contenitore purché sostenga davvero una sintesi democratica delle esperienze di questa comunità senza imporre una leadership. Il ruolo della LDE, quindi, è quello di fornire il contenitore politico e promuovere la migrazione dei partiti personalisti esistenti verso il nuovo strumento.

Le principali sfide che vedo sono alcune e talvolta contrastanti.

In primo luogo, per sostenere questa migrazione, LDE dovrebbe garantire che le correnti esistenti ricevano un’adeguata rilevanza nel nuovo e più rilevante partito.

Fornire supporto alla governance in modo che la leadership esistente sostenga e sostenga il contributo dal basso verso l’alto dei partecipanti.

Sviluppare un processo pragmatico e non giudicante dei contributi individuali per lo sviluppo delle politiche.

Sviluppare strumenti di governance interna per garantire che tali priorità siano rispettate.

Matteo Arru (Budapest)

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