L’obiettivo è quello di creare un partito che rappresenti un’alternativa al bipopulismo
«In Italia c’è una forte esigenza di una proposta politica e culturale che abbia la libertà e la democrazia al centro dei suoi progetti». A dirlo è l’avvocato Alessandro De Nicola, Presidente della Adam Smith Society, Senior Partner delle sedi italiane dello studio legale Orrick, promotore di “Le sfide della liberaldemocrazia in Europa. Come rafforzare Renew Europe e Partito Democratico Europeo. L’unità dei liberaldemocratici”, iniziativa dell’associazione non-partitica Comitato LibDem che si terrà oggi a Milano, all’Auditorium San Fedele (via Ulrico Hoepli), dalle 10.30 alle 18.00.
Per la giornata sono previsti oltre quaranta interventi di rappresentanti del mondo della politica, delle istituzioni, della cultura, dell’università e del giornalismo. Ma non c’è alcun interesse o proposito in vista della campagna elettorale per le prossime elezioni regionali in Lombardia: verranno affrontati i temi di partecipazione democratica alla vita pubblica e della diffusione della cultura e del pensiero liberal democratico in Europa.
Parteciperanno tutti i leader nazionali dei principali partiti italiani di area riformista, quindi Carlo Calenda (Azione), Matteo Renzi (Italia Viva) e Benedetto Della Vedova (Più Europa), ma anche Giuseppe Benedetto, Oscar Giannino, Sandro Gozi, e poi Marco Cappato, Giulia Pastorella, Enrico Costa, Davide
Giacalone, Franco Debenedetti, Carlo Scognamiglio e molti altri.
L’obiettivo che va al di là dell’evento – organizzato con il sostegno finanziario del Parlamento Europeo – è riunire tutte le forze liberal democratiche e riformiste d’Italia in una specie di Renew Europe nazionale, una federazione in grado di rappresentare un’alternativa valida al bipopulismo italiano.
Un’impresa non da poco, una fatica degna di Sisifo, di quelle che periodicamente sembrano più vicine al compimento e poi si smontano tornando al punto di partenza. Ma per il Terzo Polo arrivato il momento di investire sul buon risultato alle elezioni politiche di settembre, magari iniziando a recuperare Più Europa.
I liberal democratici italiani hanno un’opportunità rara, in un quadro politico segnato da una sinistra in cerca d’autore – con il Partito democratico sempre più avviluppato nel populismo pentastellato – e una destra che deve fare i conti con la realtà e le difficoltà di stare al governo, per di più dopo l’esperienza dell’amministrazione Draghi.
«In Italia ci sono tre forze politiche molto giovani, come Azione, Italia Viva e Più Europa, che hanno contenuti e ideali molto simili», dice De Nicola, «La prima domanda che che dobbiamo farci è “perché non c’è un’unità di intenti?”».
È un classico dei liberal democratici, che raramente hanno saputo convivere in un’unica forza politica, finendo più spesso per smembrarsi in partiti di ogni tipo. Soprattutto a causa di «un’illusione», spiega De Nicola: «I liberali hanno creduto di non aver bisogno di una rappresentanza autonoma liberal democratica, perché avrebbero disseminato di idee liberali tutti i partiti politici in cui militavano».
Un’operazione riuscita ad esempio ai cattolici democratici, capaci di portare delle istanze del cattolicesimo politico. «Ma avere una micro rappresentanza in ogni partito – prosegue De Nicola – ha reso l’influenza dei liberali molto relativa, e non è un caso che il nostro Paese è il Paese che cresce meno da trent’anni in Europa. Da qui ci ricolleghiamo all’esigenza di trovare una strada comune richiamando ideali, principi e programmi liberali, così come è stato fatto in Europa con Renew Europe».
Il perimetro potenzialmente è piuttosto ampio: si va dall’area riformista del Partito democratico all’area moderata di Forza Italia, passando per Azione, Italia Viva, Più Europa, Radicali Italiani, Partito Liberale Italiano, Buona Destra.
Al momento all’interno del perimetro c’è solo il binomio Azione-Italia Viva. E in più i liberal democratici hanno bisogno di una visione olistica, in cui la nuova forza politica si più grande della somma dei singoli partiti.
Dall’altra parte, spiega De Nicola, «non bisogna scadere nell’eccesso opposto, cioè in un pasticcio centrista, perché l’elettorato ha bisogno di riconoscersi in una proposta politica con un’identità chiara». Insomma, niente minestrone con governi tipo mostro di Frankenstein, formati da parti che nemmeno vogliono dialogare tra loro. «Bisogna andare oltre la realtà attuale di partiti ancora relativamente piccoli e giovani, ma i liberal democratici hanno soprattutto bisogno di una casa politica con un’identità culturale chiara». E le prospettive sono tutte a medio-lungo termine: la prima data da segnare sul calendario è quella delle europee del 2024, la prima partita in cui la nuova federazione può segnare un risultato importante.
«Le europee sono importanti per un motivo molto semplice», spiega De Nicola. «Se non si riesce ad avviare un percorso serio per quella data, e si arriva divisi, senza unità di intenti, senza lista unica e senza partito unico, allora dopo sarà ancora più difficile ipotizzare che qualcuno veda la luce sulla strada di Damasco».
La speranza è quella di poter replicare a livello nazionale gli ottimi risultati raccolti alle ultime elezioni in alcuni centri, in particolare nel comune di Milano: qui il Partito democratico si è confermato primo partito cittadino con il venticinque per cento dei voti, grazie anche al traino del sindaco Beppe Sala, ma la sorpresa è stata il risultato del Terzo polo che ha sfiorato il sedici per cento e Più Europa il sei per cento.
«È chiaro che Milano fa storia a sé perché è una città diversa da tutte le altre del Paese, per importanza culturale, per apertura internazionale, per molti motivi», dice De Nicola. «Però è anche vero che Calenda a Roma è riuscito a prendere il venti per cento alle amministrative pur non avendo un partito politico alle spalle. Ci è riuscito perché ha dato agli elettori l’impressione che aveva studiato i problemi dei romani, di saper parlare dei problemi della città e dare una prospettiva coerente, chiara, riconoscibile. Poi è ovvio che non tutti gli elettori saranno favorevoli alla nostra proposta, ma almeno si dà un’opzione elettorale e politica vera, credibile. Se c’è questa concretezza il Paese lo capisce, a Milano come a Roma, a Napoli, a Bari, ovunque».
di Alessandro Cappelli (Linkiesta.it)