Il nostro programma
Per una Società delle opportunità, del merito, dell’innovazione
Per uno Stato leggero, efficiente e trasparente
Per una Politica che metta al centro i diritti dell’individuo
La democrazia italiana è bloccata
In Italia la democrazia è bloccata. Non dall’impossibilità dell’alternanza politica, come è avvenuto per i primi trent’anni della Repubblica, ma dai vincoli obiettivi all’azione di Governo dati dall’enorme debito pubblico accumulato. Destra e sinistra inscenano una lotta ideologica che, in pratica, svanisce non appena una delle due ha la responsabilità di governare o, in una dimensione locale, amministrare. La delusione degli elettori si traduce nell’astensione.
I sovranisti hanno provato ad addossare la colpa al nemico esterno: l’Euro, l’Europa. Nel 2018 sono andati al Governo: hanno potuto verificare quanto il cosiddetto “vincolo esterno” sia in realtà il vincolo che noi stessi ci siamo dati accumulando debito.
Finché il vincolo del debito non viene rimosso o almeno allentato, il confronto tra le presunte differenti visioni della società di questa destra e questa sinistra è puro teatro.
Il debito pubblico italiano è insostenibile
Il debito pubblico italiano è insostenibile, considerando le dinamiche demografiche in atto. Non lo diciamo noi, lo dice il Governo nell’ultimo DEF. E occorre dire la verità agli italiani: la crescita reale del reddito nazionale non sarà in grado, da sola, di ammortizzare gradualmente il debito né si potrà fare affidamento su un flusso migratorio che, pur desiderabile a certe condizioni, potrà invertire la tendenza demografica solo in un periodo lunghissimo. La semplice evidenza statistica della traiettoria del debito pubblico nei prossimi 10 e poi 20 anni la negano quotidianamente pressoché tutti: politici, cittadini, mass media. I mercati finanziari, invece, esistono proprio per prendere decisioni sulla base di tali evidenze statistiche: quando si verificano, come nel 2011-12, diventiamo più poveri perché ancora più indebitati. E quindi si ricomincia, dimenticando “l’elefante nella stanza”, sempre più grande, sempre più soffocante.
Discorso sull’Europa
L’Europa è la nostra casa. Dobbiamo e vogliamo starci responsabilmente, al pari degli altri. Anche su questo bisogna dire una verità scomoda: con gli italiani questa Commissione è stata generosa. Durante la pandemia ha sospeso le restrizioni al bilancio dello Stato (non solo a noi, certo, ma quelle restrizioni sarebbero state particolarmente gravose per noi) consentendo il sostegno a cittadini ed imprese pressoché senza limiti; poi, varando Next Generation Europe (di cui l’Italia è il principale beneficiario) e SURE ha aperto per la prima volta al finanziamento comune di progetti di risanamento delle strutture profonde anche della nostra economia. La costruzione europea, cui noi abbiamo liberamente aderito, ha delle compatibilità logiche e storiche che, al di là di una sterile retorica nazionalista, richiedono di essere rispettate da tutti. Una di queste è che la solidarietà tra Nazioni richiede responsabilità: il Patto di Stabilità riguarda gli aderenti all’euro ed è una garanzia per i risparmi dei cittadini. Può e deve essere riformato, ma non possiamo credere, e far credere, che le possibilità di spesa ottenute durante la pandemia siano permanenti. E questo ha conseguenze, soprattutto perché non solo l’Italia ha ottenuto il maggior volume in rapporto al PIL di investimenti di Next Generation Europe, ma perché per due terzi questo volume di investimenti sarà finanziato da ulteriore debito pubblico, sia pure, ancora generosamente, emesso a tassi inferiori a quelli richiesti dal mercato.
Il progetto europeo ha dimostrato una forte reattività di fronte alle crisi. La guerra della Russia contro l’Ucraina ha avuto anche un effetto chiarificatore, spingendo gli europei a guardare al loro continente con uno sguardo nuovo. La guerra ha dimostrato la forza della società civile europea, ma ha anche messo in luce i punti più deboli della costruzione europea. Se l’Unione oggi non offre sempre risposte puntali ciò dipende dalla mancanza di volontà da parte dei Paesi membri di delegarle competente esclusive in molti più ambiti di quelli delineati dall’art. 3 del TFUE, e congrue risorse proprie per affrontarli. Il processo di integrazione va portato avanti trasformando l’Unione in una vera entità federale, basata su istituzioni democratiche e responsabili di fronte a tutti i cittadini europei, con diritti e doveri garantiti da una Costituzione.
Discorso sull’Italia in Europa
I sovranisti, ma anche a volte la sinistra, favoleggiano di andare a Bruxelles e “battere i pugni sul tavolo”, tornando ogni volta con un “pugno di mosche”. Ma tutti i Governi italiani, nessuno escluso, hanno chiesto il riconoscimento di una presunta e comunque malintesa “eccezionalità”: l’Italia accumula ritardo nell’adeguamento alle direttive e quindi all’espansione e manutenzione dello spazio giuridico comune; non rispetta o rispetta con ritardo le sentenze della Corte di Giustizia; instaura defatiganti trattative per ottener deroghe alla disciplina comunitaria della concorrenza; non ratifica il MES, pur sapendo di non essere in grado di gestire una crisi di fiducia sulla sostenibilità del proprio debito; ripropone continuamente la ricollocazione obbligatoria dei migranti pur sapendo che è inaccettabile per gli altri partner. Tutto questo ha un costo: un partner inaffidabile è un partner debole, senza capacità di incidere su decisioni essenziali che, queste sì, investono l’interesse nazionale tanto sbandierato dai sovranisti. Perché la storia ha ripreso a correre, anche in Europa: ad esempio, la direzione intrapresa dalla Commissione in materia di transizione energetica e digitale presenta rischi di dirigismo astratto e inefficiente. E nemmeno ci convince l’orientamento adottato di recente sull’allentamento della disciplina sugli aiuti di Stato in certi settori, per rispondere alla sfida tecnologica americana. Si tratta di scelte e decisioni che, ancora più dei piani di investimento post-pandemia, incideranno negativamente sulla nostra industria e sulla nostra economia per diversi anni a venire.
E c’è un altro tema, talmente inquietante che si preferisce rimuovere: la difesa europea. I prossimi anni richiederanno maggiore spesa, sia corrente che di investimento, per far fronte ad una minaccia militare che in Europa credevamo finita per sempre. L’Ucraina ci ricorda, nostro malgrado, che così non è. Nell’Europa di oggi, ci sono posizioni differenti rispetto a tale minaccia. L’Italia deve schierarsi secondo noi dalla parte della volontà di difendersi dalla minaccia russa, così come dalla più sottile espansione dell’influenza politica cinese. In questo campo, decisioni non sono state ancora prese, se non in materia commerciale, ma il tempo non è molto. La difesa europea per noi dovrà essere gestita come la moneta unica: con un centro di comando e controllo unificato, a sua volta integrato nelle strutture di comando e controllo dell’Alleanza Atlantica, che risponda agli organi costituzionali dell’Unione, ed al quale siano allineati gli apparati militari nazionali. La “cessione di sovranità” che si richiede oggi è trascurabile rispetto alla perdita di sovranità (a favore di Russia e Cina) che si potrebbe verificare in un futuro prossimo.
Che fare con il debito
Ridurre il debito pubblico è la priorità. Non perché “ce lo chiede l’Europa” ma per ridare slancio ad una società dalla dinamica asfittica, con una crescita del reddito più lenta, nella media degli ultimi 20 anni, di quella delle altre economie europee. Occorrono però verità e ragionevolezza. La riduzione del debito pubblico è un programma lungo, più di una sola legislatura, e comporta anni di avanzo primario, cioè di crescita della spesa pubblica al netto degli interessi nominale a ritmi inferiori (nei primi anni molto inferiori) alla crescita del PIL. E implica, anche, che l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale complessiva non possa essere perseguito se non con corrispettivi e maggiori tagli di spesa corrente. (Una credibile e progressiva ma costante riduzione del rapporto debito/PIL riduce gli oneri per interessi e quindi crea spazio per la riduzione della pressione fiscale.
Tutto ciò per noi non significa imporre anni di tagli lineari alla spesa e aumenti di tasse una tantum. Significa intervenire molto energicamente sul’attuale direzione e volume dei flussi finanziari da e verso lo Stato in modo tale da restituire dinamismo alla società italiana, ai giovani, agli anziani, a coloro che lavorano o cercano di lavorare, alle imprese.
Siamo per riprendere il percorso di privatizzazioni delle imprese pubbliche anche per ridurre il peso della politica nel mercato ed eliminare sacche di privilegio e concorrenza sleale nonché riattivare la vendita del patrimonio dello Stato e degli enti territoriali. Senza ripetere gli errori del passato, salvaguardando la concorrenza, mantenendo la golden power solo per evidenti ragioni di sicurezza nazionale.
Una spesa pubblica più efficace
Siamo per la riduzione progressiva dell’incidenza sul PIL della spesa pubblica primaria al netto degli interessi, con l’obiettivo di scendere al di sotto del 40% sul PIL entro il 2030. Non è solo un obiettivo quantitativo, da conseguire con tagli lineari: è un obiettivo anche qualitativo, di ricomposizione della spesa, soprattutto di quella corrente. Due grandi capitoli di spesa richiedono una profonda revisione: il volume dei trasferimenti diretti a famiglie, imprese, enti pubblici economici ed enti pubblici territoriali; il finanziamento della sanità pubblica e dell’assistenza sociale.
Per quanto riguarda i trasferimenti alle autonomie locali, in particolare, pensiamo che l’autonomia differenziata – in assenza di qualunque chiarezza sul finanziamento dei LEP- non sia valutabile: serve il ripristino del patto di stabilità interno e la responsabilità fiscale degli enti locali nel quadro di un’autonomia impositiva che tenga conto degli obiettivi generali di finanza pubblica.
Serve poi una riforma profonda del finanziamento della sanità pubblica e dell’assistenza sociale, lasciando spazio all’iniziativa privata e alla concorrenza, con l’obiettivo di trasferire in parte l’onere di garantire i servizi dal pubblico al privato. Con meccanismi efficaci di controllo dissuasivo dei centri di spesa, sia corrente che di investimento
Un fisco più giusto
Vogliamo ridurre la pressione fiscale (entrate tributarie + contributi) anch’essa al 40% del PIL, di pari passo con la diminuzione della spesa primaria, nel rispetto del programma di rientro del debito pubblico.
Vogliamo una profonda riforma fiscale, con obiettivi chiari e misurabili di equità ed efficienza nonché di riequilibrio del peso fiscale tra rendite e lavoro.
Siamo per il superamento delle distorsioni che provocano sperequazioni e ingiustizie nel prelievo fiscale tra categorie di lavoratori. Siamo per l’inserimento nel perimetro dell’imposta personale progressiva dei redditi da attività finanziarie e dei redditi diversi, in modo tale da consentire la riduzione a 3 del numero delle aliquote e la riduzione al di sotto del 40% dell’aliquota marginale. Siamo per l’estensione fino al 100% delle detrazioni per spese assistenziali e previdenziali sostenute dai contribuenti a titolo volontario, non siamo favorevoli all’utilizzo dello strumento fiscale per l’incremento dei soli salari dei lavoratori dipendenti. Siamo per il superamento della no tax area e per l’introduzione della negative tax in sostituzione dei diversi bonus. Siamo per il riordino dei tributi locali, anche con la riforma del catasto. Siamo per il riallineamento a livelli europei, non per l’inasprimento, dell’imposizione indiretta. Siamo per una fiscalità di impresa che incentivi l’investimento, sul modello di impresa 4.0 che deve diventare strumento ordinario tributario e non più variato di anno in anno. Siamo favorevoli all’abolizione dell’IRAP, senza inutili addizionali per le società di capitali. Siamo favorevoli alla revisione di molte tax expenditures con redistribuzione orizzontale alle imprese mediante riduzione del carico contributivo. Siamo favorevoli a forme di concordato preventivo pluriennale tra lavoratori autonomi, imprese e Fisco, ma con logica premiale e non di mera “lotta all’evasione”. Siamo infine favorevoli a un taglio strutturale e universale del cuneo contributivo che resta tra i più elevati in area OCSE: ma per evitare di aggravare lo sbilancio INPS questa misura va accompagnata dal passaggio ad un pieno sistema a capitalizzazione: per i nuovi entranti nel mercato del lavoro, e dallo stop a ogni nuova misura di prepensionamento.
Il sistema previdenziale a ripartizione era infatti garanzia di equità tra generazioni fino a 40 anni fa: ora è un cappio intorno al collo delle nuove generazioni.
Un’Italia dinamica e innovativa
Siamo per creare un’ambiente economico favorevole all’iniziativa privata e al progresso scientifico.
Quindi siamo per ripristinare Impresa 4.0 e per approvare Impresa 5.0 sulla digitalizzazione, anche con la rimodulazione dei programmi del PNRR destinati ad essere finanziati a debito.
Quindi siamo a favore di: liberalizzazione dei contratti a tempo determinato, eliminazione della causa nel rinnovo dei contratti a tempo determinato; estensione della facoltà di ricorrere a contratti di lavoro somministrato con le agenzie interinali; estensione della possibilità per l’impresa di ricorrere al licenziamento economico anche senza dichiarare la stato di crisi. Siamo per la piena parificazione dei soggetti pubblici e privati accreditati a politiche attive del lavoro. Siamo per abolizione del reddito di cittadinanza e introduzione di un ammortizzatore sociale universale (AUPI). Siamo per Superamento di CIG e NASPI e delle contribuzioni obbligatorie relative. Siamo per l’estensione delle indennità previste dai contratti collettivi al lavoro autonomo e parasubordinato, con riordino delle aliquote contributive attuali a carico del beneficiario. NO al salario minimo imposto per legge, SI ad una legge sulla rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini del riconoscimento della validità erga omnes dei CCNL Riallineamento alle normative europee in materia di ricerca scientifica applicata, con riferimento in particolare ai seguenti settori di sviluppo: biotecnologie; OGM; cibo sintetico; emissioni elettromagnetiche (5G). Siamo per la restrizione ai casi di dolo specifico accertato in sede penale della responsabilità per danno erariale degli amministratori, anche di impresa privata. Bene la riforma del codice degli appalti, ma molto male la drastica restrizione delle procedure di gara e l‘abbandono di ogni obiettivo di drastica del numero delle stazioni appaltanti. Bene la riforma del Codice della Crisi e dell’Insolvenza, anche con la possibilità per AdE e INPS di aderire agli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Siamo per l’integrale rispetto degli impegni assunti con l’UE in materia di concessioni e licenze. Siamo per la liberalizzazione dell’attività commerciale urbana, fatto salvo il rispetto delle normative urbanistiche. Siamo per l’affidamento a gara dei servizi pubblici locali e contro l’esercizio in house dei medesimi servizi. Siamo per la concorrenza nell’offerta di beni pubblici intermedi (reti infrastrutturali) e finali. Siamo per uno Stato regolatore e non produttore o gestore.
Siamo consapevoli che esiste in Italia un deficit di cultura scientifica e di approccio razionale che facilita, tra l’altro, il diffondersi di “ideologie” irrazionali e dogmatiche. Questo è un tema culturale, che deve informare l’approccio delle politiche pubbliche e degli investimenti privati in formazione continua, anche in considerazione della sempre più pervasiva digitalizzazione di ogni ambito di vita e di lavoro. E’ anche un tema di qualità della democrazia, perché spesso opinioni non fondate sui dati e vere e proprie informazioni false sono diffuse e rilanciate senza la necessaria capacità critica.
Un’energia sicura e un ambiente sostenibile
Siamo per l’uscita progressiva e ragionata dalle fonti fossili e per la riduzione della dipendenza da Paesi potenzialmente ostili. Quindi siamo per il superamento degli attuali trasferimenti diretti e indiretti a carico dei consumatori famiglie e imprese, inclusi i crediti di imposta e i price cap. Siamo per la rimozione dei vincoli autorizzativi esistenti (VIA), con introduzione del silenzio-assenso per: ricerca offshore e inshore di idrocarburi; installazione di impianti fotovoltaici, eolici e comunque di energia rinnovabile; rigassificatori; impianti di desalinizzazione dell’acqua di mare; dighe e bacini idrici; impianti di produzione di energia da rifiuti non differenziati e compost; impianti di riciclaggio di rifiuti urbani differenziati. Siamo a favore della rimozione del divieto posto dal governo Conte in materia di finanziamento pubblico alla ricerca sul nucleare avanzato: al contrario, la partecipazione italiana ai progetti in corso in UE va potenziata in vista del ritorno a tale fonte energetica. A tal fine, siamo per superare le conseguenze del referendum del 1987 e riprendere la valutazione dei siti di costruzione di future centrali nucleari e dei siti di stoccaggio.
Siamo per un piano di investimenti pubblici coordinato nell’ambito del PNRR (fino al 2026) e della transizione energetica UE con particolare riferimento a: produzione di idrogeno “verde”, anche da nucleare; produzione di biocarburanti, per i settori di consumo ove saranno consentiti. Siamo per agevolare la riqualificazione energetica degli immobili pubblici e privati, evitando gli eccessi del superbonus e considerando il giusto impegno finanziario dei privati.
Lo Stato di diritto
Siamo per rimuovere le storture che in questi anni, soprattutto in campo penale e fiscale, hanno indebolito lo Stato di diritto in Italia. Quindi siamo per l’integrale applicazione della Riforma Cartabia del processo civile. Siamo per la riforma del processo penale: difesa del principio costituzionale della presunzione di innocenza attraverso la repressione della diffusione o pubblicazione delle intercettazioni; autorizzazioni al ricorso alle intercettazioni telefoniche ed ambientali solo per gravi reati; difesa della prescrizione come principio di civiltà giuridica, graduato in relazione ai reati, con fissazione di tempi rigorosi per le richieste di rinvio a giudizio; limitazioni alla facoltà della Pubblica Accusa di ricorrere in appello in caso di assoluzione in primo grado. Siamo per limitare il ricorso alla custodia cautelare in carcere e per l’introduzione del GIP collegiale per la conferma di misure cautelari diverse dalla detenzione domiciliare o in carcere (sequestri, interdizioni e altre).
Le carceri italiane non possono rimanere luoghi spesso degradati di espiazione della pena ma di rieducazione, incoraggiando il lavoro dei detenuti, adeguando le strutture e facendo ricorso ai privati in concorrenza per i servizi non fondamentali. Occorre subito porre termine alla barbarie di bimbi internati nelle carceri con le madri, invece che affidati a strutture ad hoc e senza interrompere il loro rapporto con le madri.
Siamo per la revisione legislativa del 41 bis per riportarlo alla sua originaria funzione di differenziare i regimi di detenzione a seconda della effettiva pericolosità criminale del detenuto. Senza mettere in discussione la finalità preventiva del regime della custodia cautelare in carcere è necessario porre un limite alle successive degenerazioni applicative che hanno troppo spesso portato alla sistematica umiliazione delle condizioni minime di dignità della persona detenuta, senza che peraltro ciò abbia nulla a che fare con la tutela della sicurezza sociale.
Siamo per la separazione delle carriere dei magistrati, perché la funzione inquirente e la funzione giudicante richiedono reciproca indipendenza.
Siamo per una revisione della penalizzazione di comportamenti non socialmente pericolosi (reati minori), mediante estensione della giustizia riparativa. Siamo per una ricalibrazione delle pene previste per i reati economici (falso in bilancio, frode in commercio, sicurezza dei luoghi di lavoro, ambiente), con possibilità estesa di ricorrere a pene pecuniarie. Siamo per la riforma dell’abuso di ufficio, configurabile solo come dolo o colpa grave, per la riforma della Legge Severino e dei reati recenti connessi all’esercizio di una carica pubblica (traffico di influenze). Siamo, nel campo del diritto penale tributario, per possibilità di dichiarare estinto il reato di omesso/ritardato versamento (IVA e ritenute) in caso di adempimento successivo. Siamo per l’effettivo riequilibrio del rapporto tra Stato e contribuente, nell’ambito di tutte le fasi del precontenzioso e contenzioso tributario.
Inoltre, anche le riforme più garantiste non potranno funzionare se il sistema giudiziario rimane inefficiente e barocco. È quindi necessario introdurre criteri di merito nelle carriere di magistrati e altri operatori della giustizia e di professionalizzazione dell’amministrazione dei distretti giudiziari e dei palazzi di giustizia.
L’Italia di tutti
Siamo per la diffusione delle opportunità e non per una finta, deprecabile e irraggiungibile uguaglianza di risultato.
Siamo per una scuola fondata sul merito, sull’autonomia e sulla formazione dei talenti del futuro. Siamo per la riforma dello stato giuridico degli insegnanti, introducendo assetti privatistici che premino l’impegni e le capacità dei più meritevoli. Gli istituti scolastici, nel rispetto dei principi costituzionali e di curricula formativi definiti per tutti, devono disporre di piena autonomia finanziaria ed amministrativa, al fine di poter diversificare l’offerta formativa e interagire con fondazioni ed imprese private. Siamo per la detraibilità delle spese sostenute dalle famiglie per il diritto allo studio (frequenza di scuole pubbliche e private parificate anche non dell’obbligo, libri ed altro materiale didattico, rette universitarie). Siamo favorevoli ad iniziative delle Regioni, a valere sul proprio bilancio, di sostegno al diritto allo studio di famiglie e studenti, senza discriminazione dell’offerta formativa (voucher)
Siamo per la detraibilità piena delle spese familiari per frequenza di asili nido e per la collaborazione familiare, in luogo del bonus asili. Siamo per il sostegno finanziario pubblico (attraverso CDP) ad iniziative di venture capital e ad iniziative private di social housing.
Siamo per superare l’attuale sistema di equiparazione da parte dello Stato del titolo rilasciato dagli atenei, che mette sullo stesso piano le lauree indipendentemente dai programmi seguiti dallo studente per completare il corso e dalla conseguente preparazione acquisita. Per migliorare la qualità delle nostre università occorre metterle in concorrenza l’una con l’altra. Per arrivarci occorre liberalizzare la formazione universitaria, lasciando che il mercato faccia da regolatore del valore della laurea. Anche i concorsi pubblici dovrebbero basarsi esclusivamente sull’esito delle prove e non anche su titoli di studio equivalenti. In pratica più concorrenza tra gli atenei con quelli più virtuosi – perché hanno i docenti e le strutture migliori e spendono meglio i fondi a disposizione – che diventerebbero i più ambiti dagli studenti per laurearsi e dalle imprese per assumere.
L’università (e gli alloggi) non possono essere gratuiti per tutti ma si deve dare la possibilità a tutti di accedervi. Chi può deve pagare il costo pieno dell’università a beneficio di chi ha meno possibilità.
Siamo per un sistema sanitario pubblico che funzioni, tenendo conto del problema demografico che ci attende. Quindi siamo per l’adeguamento progressivo della spesa sanitaria complessiva (pubblica e privata) almeno a livelli medi europei. Siamo per l’introduzione di strutture e procedure di controllo della spesa (incluse le convenzioni con i privati) da parte di un’Agenzia governativa, con sottrazione della potestà delle Regioni. Siamo per l’autonomia delle singole ASL territoriali e la loro piena gestione manageriale. Siamo per la piena detraibilità dall’IRPEF dei premi assicurativi versati per polizze sanitarie private e per contribuzione a casse di categoria, senza tetti. Siamo per una riforma dell’INPS che veda la separazione strutturale e funzionale dell’assistenza dalla previdenza. Siamo per il sostegno finanziario (tramite CDP e/o finanziarie regionali) ad iniziative private nel campo dell’assistenza anche domiciliare a cronici, inabili ed anziani indigenti.
Siamo a favore della registrazione automatica di figli di coppie omogenitoriali. Siamo, in generale, per la depenalizzazione delle scelte procreative, in relazione alle opportunità del progresso scientifico.
Siamo per il superamento della Bossi-Fini e per la liberalizzazione tendenziale dei flussi migratori, con facoltà dei datori di lavoro e delle agenzie di somministrazione interinale di ricercare all’estero le competenze e le risorse di cui hanno necessità. Siamo per la tutela del diritto di asilo e per una vera assistenza umanitaria, ma siamo per il rispetto della legalità in materia di immigrazione clandestina: quindi riconosciamo il diritto dello Stato di espellere e rimpatriare chi non ha un diritto (politico od economico) a restare, indipendentemente da come la UE vorrà o potrà gestire il tema delle redistribuzioni.
Un’arma di distrazione di massa
Da quasi 40 anni si parla di riforme istituzionali, senza venirne a capo. Gli italiani hanno bocciato due progetti di riforma ed approvato quello forse meno opportuno (la mera riduzione del numero dei parlamentari). Consideriamo ancora valida l’architettura della riforma del 2016, a partire dal superamento del Titolo V della Costituzione. Non condividiamo l’enfasi posta sul cosiddetto “patriottismo costituzionale” e siamo tuttora favorevoli al superamento del bicameralismo e ad una riforma profonda dell’ordinamento regionale e delle autonomie locali. Ma oggi riteniamo che dividersi ancora sulle riforme costituzionali si risolva in una distrazione di massa dai problemi di fondo della società italiana. Diverso è il discorso sulla legge elettorale: pur convinti dei vantaggi di governabilità rappresentati dal sistema maggioritario, l’esperienza negativa di coalizioni di destra e sinistra prive di ogni cemento programmatico ed esclusivamente fondate su convenienza elettorale ci induce a essere favorevoli ad una legge proporzionale con adeguato sbarramento, per un confronto aperto tra proposte culturali e opzioni programmatiche di fronte agli elettori e per un negoziato trasparente finalizzato alla formazione della maggioranza parlamentare.
Una certa idea dell’Italia
L’ITALIA è di chi ci lavora, cresce ed istruisce i propri figli, si prende cura dei propri anziani. Lo Stato non è etico né tantomeno etnico.
Siamo a favore di una società aperta, nella quale ciascun si senta libero di manifestare e vivere le proprie propensioni affettive e inclinazioni sessuali, senza oneri per la collettività.
Siamo per una scuola fondata sul merito, sul pluralismo e sulla formazione dei talenti del futuro. Siamo per combattere l’abbandono scolastico e universitario.
Siamo perché i nostri figli non debbano emigrare all’estero per avere migliori opportunità di vita. Siamo perché aumenti il tasso di occupazione giovanile e femminile almeno a livelli medi europei. Siamo per favorire il lavoro e non la rendita. Siamo convinti che lo spirito d’impresa sia il motore dello sviluppo e che la libertà politica non sia divisibile dalla libertà economica. Vogliamo un’Italia pienamente impegnata in Europa, NATO e Occidente per sconfiggere ogni tentativo di raffermare il primato della violenza e della repressione contro la libertà, la democrazia e lo Stato di diritto come unici fondamenti dell’ordine internazionale. Gli ucraini combattono per tutto questo, e noi li consideriamo nostri fratelli.
Abbiamo “una certa idea dell’Italia”.