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Alla giustizia serve il merito

Non passa giorno senza una qualche dichiarazione del ministro Nordio, dei suoi oppositori o dei suoi colleghi di governo sul tema delle intercettazioni e ora è scoppiata la grana, non priva di aspetti tragici e surreali, dell’applicazione del 41 bis al terrorista anarchico Cospito, Nessuno nega che si tratti di problemi importanti, perlomeno superiore a quello dei rave party, tuttavia, poiché sono passati 100 giorni dall’insediamento del governo, potrebbe essere una buona idea concentrarsi sull’aspetto fondamentale, l’organizzazione della macchina. Infatti, com’è noto e nonostante qualche piccolo recente miglioramento, ciò che tiene lontano gli investitori, terrorizza gli innocenti e rende felice i colpevoli, sono l’incertezza del diritto e la lunghezza dei procedimenti (Commissione Eu, Justice scoreboard, 2022). Questi enormi difetti sono legati in parte a mancanza di risorse (ma altri paesi europei hanno una spesa pro capite pari alla nostra e se la cavano molto meglio) e qualche volta all’oscurità o alla farraginosità delle norme sostanziali e processuali. Il malfunzionamento, però, risiede altresì negli incentivi che i cosiddetti operatori della giustizia ricevono e nella struttura istituzionale che presidia il funzionamento del sistema.
Partendo dal primo punto è innegabile che, pur con alcune eccezioni, il merito non giochi un ruolo preponderante nella carriera di magistrati e personale amministrativo.
Questi ultimi, tra cui i preziosi cancellieri dei tribunali, seguono il solito percorso fatto di scatti di anzianità con uno stipendio che parte da circa 24.000 euro l’anno per arrivare massimo a poche migliaia di euro in più. Difficile attrarre le persone più ambiziose e qualificate e ancor più difficile che una volta inserite queste si industrino, si sacrifichino, innovino.
Stesso discorso vale per i magistrati. Il risultato dei giudizi di idoneità quadriennale, cui per sette volte sono sottoposti i giudici nel corso della loro carriera (7 per 4 = 28 anni di carriera. Come mai così pochi?), da ultimo è risultato positivo al 99,2% imbarazzante. Anche i tirocinanti, 1’85% dei quali passa il concorso di magistratura con un punteggio di 40/60 o meno, dopo il periodo di tirocinio sono quasi tutti immessi in ruolo. Praticamente non si ha notizia di magistrati che non vadano in pensione con il massimo della retribuzione di circa 8.000 euro.
Inoltre, nonostante i numerosi errori giudiziari, alcuni eclatanti, i procedimenti disciplinari del Csm che si concludano con sanzioni si contano sulla punta delle dita e le sentenze di condanna per responsabilità civile del magistrati dal 2010 al 2021 sono state 8 (otto!) su 544 cause avviate.
Quanto alle nomine agli uffici direttivi, una rapida lettura dei libri di Palamara spiega più di qualsiasi statistica.
Orbene, la riforma Cartabia prevede la revisione, secondo principi di trasparenza e di valorizzazione del merito, dei criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi e di quelli di accesso alle funzioni di legittimità nonché la riforma delle procedure di valutazione di professionalità dei magistrati e l’istituzione del fascicolo per la valutazione del magistrato, da tenere in considerazione oltre che in sede di verifica della professionalità anche in sede di attribuzione degli incarichi direttivi e semidirettivi. Si legifererà anche sulla funzione della Scuola superiore della Magistratura e su una rivisitazione degli illeciti disciplinari.
Ecco, il ministro Nordio si concentri su questa riforma e sulla sua concreta applicazione. Già nel 2007 una legge sulla valutazione dei magistrati aveva introdotto criteri sulla carta rigorosi, eppure… Tra gli strumenti utilizzabili per valutare la produttività dei magistrati esistono sistemi per pesare i diversi processi a seconda della loro complessità e il tempo occorrente per definirli. Sono metodologie in uso da anninegli Usa e in Europa. Soprattutto in Germania (dove i giudici hanno pagelle con 4 diversi voti), Olanda, Austria.
Infine, bisogna che si applichi il famoso brocardo nemo iuder in re propria per valutare la performance e il rispetto delle regole da parte dei magistrati è consigliabile coinvolgere in maggioranza avvocati, esperti di risorse umane, accademici e notai per una terzietà del giudizio.
Questo richiederebbe anche una riforma del Csm e si potrebbe arrivare all’agognata separazione delle carriere.
Dirigenti-manager dei palazzi di giustizia adeguatamente retribuiti e formazione professionale che includa materie aziendali ed economiche contribuirebbero a una maggiore efficienza.
In poche parole, si lavori quietamente a rendere il sistema giustizia più efficente e meritocratico e il consenso della stragrande maggioranza dei cittadini non tarderà ad arrivare.

Alessandro De Nicola, La Repubblica, 04/02/2023

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