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Il contributo di Andrea Bitetto

Care Amiche, Cari Amici,

in vista dell’incontro di Milano, volevo porre alla Vostra attenzione alcune brevi note che confido possano contribuire alla comune discussione.

Dopo la costituzione della nostra associazione e la definizione delle regole interne ci troviamo di fronte alle scelte da compiere in vista delle prossime scadenze politiche.

Dopo il triste spettacolo cui abbiamo assistito e che ha condotto allo sfaldamento delle prospettive di un soggetto unitario che avesse l’ambizione e la capacità di mettere assieme le forze e le idee dell’area liberaldemocratica, riformatrice e federalista europea, in modo da fornire adeguata rappresentanza a quella che un tempo i nostri maggiori avevano l’ambizione di chiamare l’”Altra Italia”, altra perché diversa e distinta da quella prevalentemente demagogica e populista imperante tanto a destra quanto a sinistra dello spettro politico, la posizione dei Liberali Democratici Europei deve essere chiarita, innanzitutto al nostro interno.

Mi perdonerete anche la semplificazione con la quale ho richiamato, solo a titolo descrittivo, la topografia politica: personalmente non mi convince, e non mi ha mai convinta, la semplificazione destra v sinistra. Preferisco fare riferimento alle idee che caratterizzano, meglio: dovrebbero caratterizzare, gli attori politici, a prescindere dalla concreta vaglia degli interpreti.

E proprio perché noi, a differenza della quasi totalità degli altri soggetti politici, ci definiamo con il richiamo alla forza evocativa dell’idea liberale, quell’ideale che ha per sè, per dirla con Benedetto Croce, l’eternità, abbiamo molte meno difficoltà ad individuare i nostri obiettivi strategici.

Di buono vi è sicuramente che anche nel corso delle disfide personali e personalistiche che hanno visti coinvolti i nostri interlocutori abbiamo tenuto un comportamento maturo, equilibrato e responsabile.

Ora, quella responsabilità, quell’equilibrio e quella maturità richiedono una declinazione, pratica, politica, e quindi financo tattica.

La prossima rilevante scadenza elettorale, lo sappiamo tutti, sono le Elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo che si terranno a giugno 2024.

Si tratta di evento che in astratto sarebbe perfettamente congeniale alla nostra posizione:

i) al Parlamento europeo le forze politiche si riconoscono secondo le tradizionali famiglie politiche europee: conservatori, liberali, verdi, conservatori, liberali, verdi, socialdemocratici, al netto delle varianti all’interno di ciascuna di queste famiglie;

ii) il voto avviene su base proporzionale, consentendo una maggior libertà agli elettori e, forse, una maggiore possibilità di scegliere prescindendo da invocazioni ricattatorie come l’artifizio del c.d. voto utile (come se il voto potesse esser di per sé inutile se esercitato diversamente);

iii) dopo tutto, con un po’ di malcelato orgoglio, dovremmo anche ricordare che le forze liberali sono da sempre le più europeiste, e lo sono state persino prima che l’ideale europeista diventasse, dopo la Seconda guerra mondiale, una realtà. Nessuno di noi potrà infatti dissentire con le parole scritte da Luigi Einaudi :“Esercito unico e confine doganale unico sono le caratteristiche fondamentali del nuovo sistema. Gli Stati restano sovrani per tutte le materie che non sono delegate espressamente alla Federazione europea; ma questa sola dispone delle Forze Armate, ed entro i suoi confini vi è una cittadinanza unica ed il commercio è pienamente libero[…]. La guerra non scomparirà, ma sarà spinta lontano, ai limiti della Federazione. Divenute gigantesche le forze in contrasto, anche le guerre diventeranno più rare; finché esse non scompariranno del tutto, nel giorno in cui sia per sempre fugato dal cuore e dalla mente degli uomini, l’idolo immondo dello Stato sovrano”. Questa esortazione aveva radici profonde: dalla pace perpetua invocata da Kant, sino all’adesione di Stuart Mill al manifesto per gli Stati Uniti d’Europa.

Che vi sia la necessità di contribuire alla elezione di rappresentanti politici coerenti con questa visione è evocazione persino superflua tra di noi.

Il punto è: come cercare di farlo e con quali forme.

Dirò subito che non credo, allo stato, alla possibilità di una iniziativa autonoma da parte di LDE.

La suggestione, per quanto forte e in astratto condivisibile, deve fare i conti con le risorse disponibili. E non parlo solo di risorse economiche, ma di risorse umane in primo luogo.

Alcuni mesi fa, nel corso di una riunione dell’esecutivo di LDE, Oscar Giannino aveva correttamente lamentato – o forse semplicemente: riscontrato – la mancanza di entusiasmo all’interno di LDE.

Per chi ha condivisa l’iniziativa di Fare di un paio di lustri fa, dovrebbe esser chiaro che le due esperienze non sono comparabili. Non lo sono soprattutto perché mentre le ragioni di Fare partivano da un manifesto che aveva una principale, se non esclusiva, caratterizzazione economica che aveva dalla sua il contesto storico di quel momento (forte disagio dell’opinione pubblica verso la classe politica tradizionale) e che riusciva ad intersecare posizioni che su un piano politico più ampio non erano affatto omogenee e spesse volte persino ortogonalmente distanti.

LDE, invece, muove dalla comune ispirazione liberaldemocratica, in cui il momento economico, certo importante, non è esclusivo ed è complementare rispetto ai temi delle libertà civili, politiche e sociali, oltre alla determinante del collocamento internazionale di una forza che voglia essere coerentemente ed accettabilmente liberale.

Per struttura e per disponibilità di tempo è inesigibile pensare ad un coinvolgimento dei nostri iscritti e potenziali simpatizzanti in uno sforzo come quello richiesto per una campagna elettorale per le Europee.

L’unica alternativa possibile, da un punto di vista “autonomista” sarebbe quella di attendere gli esiti delle Europee, che però sarebbe una implicita dichiarazione di inadeguatezza allo scopo.

Ancor più inaccettabile se sono vere, come ritengo siano vere, le premesse che per sintesi ho indicate sopra.

L’unica concreta possibilità tattica che ritengo disponibile è quella di partecipare alla competizione trovando forme di collaborazione (recte: alleanza) con gli altri soggetti che, sebbene con diverse sfumature, fanno parte della medesima aerea politica.

E’ poi evidente che non ci si possa attendere dai nostri interlocutori una piena omogeneità rispetto alle nostre posizioni: anche all’intero di LDE è inevitabile che trovi piena ospitalità una articolazione di proposte, posizioni e sensibilità che per quanto comprese nell’ampio spettro delle varie forme di liberalismo, non sono in sé unitarie o monolitiche.

Ma questo fa parte integrante di qualsiasi consesso politico.

Venuta, ad oggi, meno la prospettiva unitaria che aveva costituito lo stesso scopo sociale della nostra iniziativa, nonostante le encomiabili prese di posizione a titolo personale di figure come Marattin e Costa, ritengo che il punto di partenza per un confronto possa partire dalla comune partecipazione ai soggetti che a livello europeo cercano di rappresentare le forze della democrazia laica, liberale ed europeista.

La promozione dei comitati di Renew Italia ha sicuramente il pregio di cercare, sino alla ventritreesima ora, di aiutare a ricucire la frattura che si è creata ad aprile tra Azione ed Italia Viva.

Forse più correttamente: tra Calenda e Renzi.

E se questa descrizione è più corretta, emerge anche il vizio di origine dei due soggetti collettivi: l’eccessiva caratterizzazione personalistica.

LDE è cosa diversa perché, per quanto promossa da figure di assoluto prestigio intellettuale e politico, si presenta per quello che ha l’ambizione di essere: un soggetto politico che esplicita sin dal suo nome la propria identità politica nel senso più proprio, e più alto, del termine.

Se l’ideale liberale, come diceva Croce, ha per sé l’eternità, questo ideale prescinde ed ignora il personalismo.

Personalismo che, non forse come causa, ma sicuramente come effetto, è uno dei tratti deteriori della storia repubblicana italiana sino dal 1993.

Siamo riusciti, grazie all’impegno di Giuseppe Benedetto ed Andrea Marcucci, e con la piena condivisione della più parte di noi, ad aderire alla Alleanza dei Liberali Democratici Europei.

Non è una certificazione di qualità, ma è l’Heimat dei liberali europei, anche al netto di gravi errori di valutazione compiuti anni fa.

Se vi dovesse essere la possibilità di partecipare ad una lista che comprenda i soggetti che fanno parte dell’ALDE e che all’Europarlamento collaboreranno con le altre forze politiche di Renew Europe, un tentativo di collaborazione sarebbe secondo me doveroso.

E’ vero che i soggetti che oggi condividono l’adesione ad ALDE in Italia sono alleati con forze politiche che sono per noi infrequentabili (leggi: i 5stelle) e che questa è, a livello nazionale, una grave colpa politica e culturale.

Ma come detto le elezioni europee servono per il rinnovo del parlamento europeo dove, per fortuna, le linee di demarcazione politica passano ancora per le distinzioni tra famiglie politiche rappresentative di una certa visione del mondo.

Le elezioni europee non sono un test nazionale e non sono, come mi è toccato leggere qualche settimana fa in un commento politico sulla carta stampata, delle leggere qualche settimana fa in un commento politico sulla carta stampata, delle elezioni di midterm (sic!).

Ma ammesso, e non concesso, che questo dovesse esser condiviso da Voi, resta il punto finale, ma non meno importante.

Il voto viene espresso per liste e con espressione delle preferenze. E’ evidente che per poter avere qualche concreta possibilità di elezione LDE deve impegnarsi a formalizzare delle proposte di candidatura mirate.

Il che vuol dire: presentare profili di candidati che siano non solo autorevoli, ma soprattutto riconoscibili come rappresentanti della nostra proposta politica.

Pochi candidati ma di sicuro prestigio e chiara rappresentatività, per quanto brutto sia quest’ultimo concetto descrittivo.

Il rischio di esser presenti nelle liste proporzionali e non riuscire a raccogliere un adeguato numero di preferenze, soprattutto a confronto con candidati meno autorevoli, ma che magari in ragione di esperienze amministrative locali siano in grado di raccogliere ampio consenso personale, è più che concreto.

Quindi, non solo scegliere come esser presenti alle elezioni europee, perché non si può stare alla finestra, ma soprattutto scegliere chi ci possa rappresentare in modo coerente e autorevole.

Queste sono le assolute priorità.

Andrea Bitetto

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