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Il contributo di Massimo Gaggini

Orizzonte politiche 2027.

LDE apra la fase costituente del partito liberaldemocratico.

LDE lo può fare perché siamo associazione, non abbiamo l’onere di sciogliersi come avrebbero dovuto fare Azione e Italia Viva il giorno dopo le elezioni per essere coerenti con il messaggio politico lanciato in campagna elettorale.

In campagna elettorale non è stato detto che tutto si sarebbe esaurito in una sterile sommatoria delle due debolezze.

La narrazione secondo la quale nell’ area del Terzo Polo si sarebbe d’accordo su tutto e il fallimento del partito unico lo si deve soltanto alle bizze dei protagonisti non corrisponde a ciò che realmente è accaduto nella gran parte dei territori dove hanno prevalso diffidenze, scarsa volontà di procedere ad una reale integrazione a difesa dei reciproci ruoli e responsabilità.

Le elezioni europee ormai non rappresentano più quella prima verifica del processo di costruzione di quel partito che doveva essere nuovo prima che unico.

Le forze politiche che dovrebbero rappresentare in Italia l’area liberaldemocratica hanno deciso, astutamente, di perdere.

La questione di fondo è che il progetto Renew Europe Italia non può essere circoscritto negli angusti confini di una lista elettorale la cui finalità non può che essere quella, minimalista, di evitare la ghigliottina del 4%.

I partiti possono creare liste elettorali ma da queste non nascerà mai un nuovo partito.

Lo sapevamo ieri e lo sappiamo oggi.

Abbiamo sperato nella classica eccezione che conferma la regola ma ora non diventiamo diabolici nel perseverare.

Il Terzo Polo è morto e sepolto, l’alternativa al bipopulismo deve guardare oltre.

Il progetto Renew Europe Italia proprio per rappresentare un idea di Europa, di occidente, di mondo, deve andare oltre le scadenze elettorali, deve mettere radici, essere soggetto di trasformazione del paese e per questo ha una ed una sola via obbligata: dar vita al partito che non c’è, al partito liberaldemocratico attraverso un processo costituente che non può più coincidere con la sommatoria delle forze deboli esistenti intente a sterminarsi ma partire da un foglio bianco in cui tutto si azzera e tutto si riscrive.

Se il nostro elettorato di riferimento è quello astensionista, quell’elettorato di tutto ha bisogno meno di una classe dirigente precostituita e peggio ancora di rappresentare la truppa cammellata di quella classe dirigente precostituita.

La fase costituente deve vedere la partecipazione di ognuno a prescindere dai ruoli di responsabilità in essere e avere il coraggio di mettersi in discussione e in gioco per definire una nuova classe dirigente fondata sulle competenze e merito.

Le competenze non si esauriscono in quelle presenti dentro le attuali strutture di partito e nei vari livelli istituzionali.

Fuori da essi c’è un mondo che lavora, studia, fa impresa, fa volontariato che è in grado di assumersi responsabilità di azione politica e di governo ai vari livelli.

Essere eletti non basta per essere bravi politici e non basta nemmeno il consenso.

Una nuova classe dirigente per essere guida di una comunità deve sapere attingere al pozzo della sapienza, individuare una gerarchia di valori e incarnare legami che non possono essere ridotti a interessi individuali o di parte o vincoli giuridici tra elettore ed eletto.

Dunque un partito nuovo, nuova organizzazione, nuova leadership e nuova visione.

Il cambiamento epocale del nostro tempo sta sedimentando sotto i nostri piedi.

Questa nuova epoca per essere compresa e vissuta consapevolmente richiede nuovi paradigmi e nuovi linguaggi.

Il bipopulismo è sempre meno un fenomeno degenerativo ma è sempre più conseguenza alla incapacità della politica a mettere mano all’elaborazione di un pensiero alternativo.

Senza un nuovo linguaggio l’alternativa non può germogliare e tutto continuerà con il triste spettacolo quotidiano in cui si pensa di continuare a vivere in un novecento immaginario, polarizzato in tifoserie, senza comprendere che in questo modo tutto è  destinato all’estinzione.

Conservatori e progressisti, riformisti e massimalisti, centro, destra, sinistra, è un fiume carsico di parole ormai insignificanti che scorre e corrode le fondamenta della nostra Repubblica e conseguentemente, sempre più forte, emerge il senso di deresponsabilità imposto dalla logica bipopulista.

È la supremazia conservatrice dell’ ideologia dei “diritti” ma, come ci insegnava Sergio Marchionne, una società progressista ha bisogno di doveri e responsabilità.

C’è bisogno di un nuovo patto fondativo della comunità per una nuova Repubblica attraverso la riscrittura della carta Costituzionale tutta.

Questa non è un arma di distrazione di massa.

È la “missione” politica fondamentale ed identitaria per il futuro partito liberaldemocratico.

È un tutt’uno dove non ha senso l’una senza l’altro in quanto qui c’è l’ essenza del modello di società liberale che il partito nuovo propone.

Il passaggio ineludibile non può che essere quindi quello di esprimere un rinnovamento istituzionale per dare corpo veramente alla seconda Repubblica.

Come nel “46” si chiuse l’epoca monarchica/fascista attraverso la realizzazione della prima Repubblica, oggi va riconosciuto che quel passaggio storico ha esaurito ogni forza propulsiva.

La nostra Costituzione non è la migliore del mondo, fu quella possibile in quel momento storico in cui prese vita.

Quelle condizioni geo-politiche obbligarono a coniugare i valori del mondo cattolico con quelli del mondo comunista a vantaggio però di quest’ultimo facendo nascere una Costituzione basata sull’idea che il lavoratore sia necessariamente vittima e l’impresa necessariamente il carnefice.

Oggi quelle condizioni storiche geo-politiche che hanno generato la
sintesi che possiamo definire cattocomunista non esistono più e da lustri e lustri, in una situazione sempre più incancrenita.

Questo ci dice che non è più rinviabile la definizione di un nuovo patto costitutivo di una nuova Repubblica in senso liberale.
Oggi il ruolo di un presidente della Repubblica garante di quella unità nazionale per assicurare la convivenza cattocomunista non ha più ragione di esistere.

L’elezione diretta del Presidente della Repubblica segnerebbe finalmente il passaggio a una più serena democrazia dell’alternanza.

Questo è il momento del coraggio oltre tutti i vecchi schemi.

Rimane il fatto incontrovertibile che il rinnovamento politico istituzionale non può certamente essere guidato dagli eredi del tempo passato.

Non ci sono scorciatoie o fasi intermedie, tutto è imposto dall’impellenza delle cose.

L’alternativa è semplice, è il perpetuarsi di questo bipopulismo caratterizzato sempre più dall’irresponsabilità dove le campagne elettorali non sono lo strumento per costruire politiche ma lo scopo dell’esistenza del politico e di ciò che ormai resta del sistema partitico.

Massimo Gaggini

 

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