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Newsletter Libdem n. 17 – 08/07/2023

Europa

In settimana Tajani, di solito diplomatico, è stato abbastanza drastico: niente accordi in Europa con gli estremisti di Identità e Democrazia, il gruppo parlamentare europeo dove militano AfD, Le Pen e la Lega.

Salvini, che prova a recuperare gli spazi che gli sta sottraendo Giorgia Meloni, ha provato a mettersi in mostra con il video collegamento con Marine Le Pen, confermando un’alleanza al motto “mai con i socialisti”.

Proprio Marine Le Pen è colei che sta mettendo a nudo i contrasti di maggioranza. È bastato l’annuncio dell’incontro tra la leader del Rassemblement National e il segretario della Lega per provocare fibrillazioni fra i tre partiti che sostengono il governo.

Il faccia a faccia, che doveva tenersi a Roma, è saltato (per la grave situazione in Francia, dicono nella Lega, come se Le Pen avesse responsabilità di governo): Forza Italia ha definito “impossibile” un’alleanza con Le Pen, la Lega ha respinto ogni diktat e lo stesso Salvini ha avvisato che non accetterà veti sulle alleanze in Europa.

Sullo sfondo rimane Giorgia Meloni che non si espone troppo, esclude “trattative in corso” ma – in un’intervista al Corriere della Sera – ha fatto capire che punta a costruire, se non un’alleanza organica, un’intesa tra popolari e conservatori (che dovrebbero sostituir i socialisti), di cui si candida a essere punto di riferimento.

 

La nostra parte per l’Europa

L’art. 3 dello Statuto del gruppo di Identità e Democrazia afferma che “I membri del gruppo ID fondano il loro progetto politico sulla difesa della libertà, della sovranità, della sussidiarietà e dell’identità dei popoli e delle nazioni europee. Riconoscono l’eredità greco-romana e cristiana quale pilastro della civiltà europea. Essi sostengono la cooperazione volontaria tra nazioni europee sovrane e respingono pertanto qualsiasi ulteriore evoluzione verso un superstato europeo. I membri del gruppo ID riconoscono che lo Stato-nazione è il livello più alto possibile in cui la democrazia può funzionare pienamente. Essi si oppongono a qualsiasi nuovo trasferimento di potere dalle nazioni all’UE”.

Fra le priorità di questa legislatura (scorrete sempre lo Statuto) vi era il diritto degli Stati membri ”di riprendersi parti della sovranità che hanno perso a favore dell’UE. All’UE non dovrebbe essere trasferita nessuna nuova competenza. Il gruppo si opporrà a qualsiasi estensione di ambiti di intervento sui quali non sia più applicabile il diritto di veto degli Stati membri”.

Qui potete trovare le proiezioni aggiornate ogni settimana sui possibili risultati delle elezioni dell’anno prossimo.

Cliccate sulla bandiera dell’Italia e vedete quanto perderebbero i liberaldemocratici dopo i litigi d’area degli ultimi mesi e guardate quanto guadagnerebbero i conservatori di Giorgia Meloni.

Adesso rileggetevi l’art. 3 dello Statuto del gruppo di ID.

Capite perché è importante che Renew Europe elegga il maggior numero di deputati l’anno prossimo?

Da settembre lavorate con noi per questo obiettivo.

 

Il “caso” Santanché

Quello che riguarda Daniela Santanché è un “caso” solo per l’ennesima violazione del segreto d’indagine. E anche sotto questo profilo, purtroppo, non si tratta nemmeno più di un caso, di un’eccezione, ma di una regola.

Per l’art. 329 cod. proc. pen. gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza. Ossia, di regola, alla chiusura delle indagini con la notifica all’indagato del c.d. avviso di garanzia (di garanzia, vogliamo ripeterlo).

L’art. 114 cod. proc. pen. afferma che “È vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto”.

L’art. 2 Cost. riconoscerebbe e tutelerebbe i diritti fondamentali dell’uomo.

Non vogliamo annoiarvi, ma sappiate che la Corte di Cassazione parla di “un vero e proprio diritto soggettivo perfetto alla reputazione personale anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge ordinaria, che va inquadrato nel sistema di tutela costituzionale della persona umana, traendo nella Costituzione il suo fondamento normativo, in particolare nell’art. 2 (oltre che nell’art. 3, che fa riferimento alla dignità sociale) e nel riconoscimento dei diritti inviolabili della persona”.

Chi siamo nella società senza la nostra reputazione? E che ci rimane, nella vita in comune, quando la nostra reputazione è irrimediabilmente lesa?

“E il diritto di cronaca?”, direbbero i 5 stelle.

Può anche aspettare. Ci sarà un processo, ci saranno pubblici dibattimenti, ci saranno sentenze, assoluzioni e condanne. Prima di allora, il diritto di cronaca è una bella parola per giustificare quello che è voyeurismo pornografico.

L’individuo e la sua reputazione vengono prima.

 

Mutui e società del rischio

La libertà è scelta, rischio e scommessa. E per fortuna. Che vita sarebbe, altrimenti?

La libertà è essenziale per far posto all’imprevedibile, ne abbiamo bisogno perché abbiamo imparato ad aspettarci da essa le occasioni per raggiungere molti dei nostri obiettivi, diceva Hayek (La società libera, 1960).

Contrarre un mutuo a tasso variabile quando i tassi di riferimento sono negativi o bassissimi ha il vantaggio di far risparmiare molto rispetto al tasso fisso. Il tasso fisso, infatti, dando certezza e stabilità all’impegno futuro, richiede un prezzo che per questo è più alto (la sicurezza costa, ed è giusto).

Al momento della stipula il tasso variabile costa invece meno, perché espone ad un rischio di aumento futuro, oltre la soglia di quella che sarebbe stata l’alternativa al tasso fisso.

Si definisce “azzardo morale” quella condizione in cui un soggetto, esentato dalle eventuali conseguenze economiche negative di un rischio, si comporta in modo diverso da come farebbe se invece dovesse subirle.

Ancora ne “La società libera”, Hayek spiegava che nel mondo occidentale i provvedimenti a favore di chi è minacciato dall’indigenza o dalla fame per circostanze estranee al suo volere sono un dovere della comunità: la necessità di provvedimenti del genere in una società industriale è indiscutibile – anche se fosse solo nell’interesse di chi vuole essere protetto da atti disperati provocati dai bisognosi, sarebbe imprescindibile.

Rispetto all’obbligo di copertura contro certo rischi, l’economista aggiungeva che rendere obbligatorie polizze assicurative o pensionistiche ha senso non per costringere qualcuno a fare qualcosa che sarebbe nel suo personale interesse, ma per evitare che, trascurando di premunirsi contro le avversità, i singoli diventino un onere per la collettività.

Non si tratta di cinismo. Si tratta di scelta, conseguenze, responsabilità.

Aiutare chi scommette su un certo tasso ristorandolo in caso di aumenti, significa incentivare condotte di azzardo morale.

 

Gli Usa e la guerra in Ucraina

Incredibile: anche gli Usa spingerebbero per la fine della guerra, come proverebbe la visita a Kyev del capo della Cia prima dell’offensiva ucraina. Ma non si trattava di una guerra per procura che l’America aveva interesse a prolungare?

Bene, nel frattempo (anche in vista dell’obiettivo della fine della guerra, sì), la fornitura di bombe a grappolo. Una decisione difficile, ma giusta, come ha detto Biden.

La Russia dice che ciò provocherà una escalation. Lo dice mentre continua a bombardare anche obiettivi civili. Lo dice usando lei stessa questo tipo di armamenti già da molto.

Il regime russo deve cadere il prima possibile, perché i suoi germi stanno infettando il mondo intero.

 

Interesse nazionale e inflazione

L’interesse nazionale è ovunque, è la nuova parola d’ordine che risorge dal passato per demolire tutte le sovrastrutture di interdipendenza e ridare un feudo a piccoli, modesti regnanti locali.

L’interesse nazionale è oggi opposto anche alle politiche antinflattive della BCE. Dopo i picchi dell’autunno 2022, oggi l’inflazione si attesta attorno al 6% ed è molto meno influenzata da cause esterne. Queste, dopo lo scoppio della guerra e l’impennata dei prezzi dell’energia e delle materie prime, si stanno attenuando, mentre persistono cause interne, collegate alla diversa dinamica fra domanda e offerta nei mercati dei singoli paesi.

In Spagna, ad esempio, l’inflazione è scesa sotto il 2%.

Se non affrontate con decisione nei paesi in cui i prezzi rimangono alti, le cause interne rischiano di innescare una crescita strutturale dei prezzi. In particolare nei paesi, come l’Italia, a basso indice di concorrenza e apertura del mercato.

Su queste premesse, la BCE continuerà a somministrare l’unica cura che le è consentita: alzare il costo del denaro, raffreddando l’economia finché i prezzi non si raffredderanno a loro volta.

Alzare i tassi di riferimento comporta un aumento del costo del capitale, certo, ma non fa certo bene all’interesse nazionale nemmeno tenere alta l’inflazione: non conviene ai lavoratori, né ai pensionati e né ai piccoli risparmiatori con depositi a tassi reali negativi (cioè il cui valore effettivo si riduce perché non agganciato all’aumento del costo della vita).

Conviene, invece, a tutti coloro che, a causa di regole che limitano la concorrenza (come le utilities company dell’energia e diversi servizi in concessione, a cominciare dagli amici balneari) possono scaricare gli aumenti sui consumatori.

 

Spiagge

Dicevamo dei balneari. Quanta pazienza.

In settimana il Governo ha affermato che le spiagge non sono scarse, volendo dire: sapete dove potete mettervela la direttiva Bolkestein?

La spiaggia come un feudo assegnato dal signore locale e la concessione come atto di investitura del vassallo fedele. Al bando ogni forma di concorrenza, ogni incentivo al miglioramento.

Una concezione della politica come vassallaggio, in cui l’utente viene ridotto a un popolano qualsiasi, senza alcuna possibilità di incidere sulla qualità del servizio: anche se la qualità dell’offerta è bassa il gestore non ha infatti di che temere se il servizio è assicurato monopolisticamente.

Ecco le tradizioni di cui la destra si fa portatrice. Non accorgendosi, peraltro, che la svendita del territorio consiste proprio nella perpetuità delle concessioni a canoni irrisori e senza gare.

Sacche di privilegio che nutrono bacini di voti in cui la politica sembra sguazzare in maniera trasversale.

Si tratta, infatti, di vaste aree di spiaggia riservate negli anni ad attività commerciali a fronte di scarsissimi contributi in favore delle rispettive comunità locali: la svendita viene garantita per legge in Italia, non messa a rischio da Bruxelles.

Fino alla stagione 2022 si registravano 12.166 concessioni balneari. In aumento del 12% negli ultimi tre anni.

Le spiagge occupate rappresentano circa il 43% delle coste italiane. In alcune regioni la media è superiore al 60%. In alcune aree superiore all’80% e al 90%.

L’erosione costiera è un fenomeno che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose, con i tratti di litorale soggetti ad erosione triplicati dal 1970.

Il 7.2% della costa sabbiosa si affaccia su acque non balneabili per ragioni di inquinamento.

Il fatto che di un certo bene (le spiagge libere) se ne trovino ancora esemplari, non significa che quel bene non sia “scarso”. Né che si debba esaurirlo.

Anche la pazienza ha un limite.

 

Hong Kong

Lunedì la polizia di Hong Kong ha messo una taglia su otto importanti attivisti democratici in esilio all’estero, offrendo una ricompensa di 1 milione di dollari di Hong Kong (127.603 dollari) ciascuno per informazioni che portino al loro arresto.

Gli attivisti, tra cui gli ex membri del parlamento Nathan Law, Dennis Kwok e Ted Hui, sono stati accusati di aver violato la sicurezza nazionale con reati che vanno dalla collusione con forze straniere alla sovversione del potere statale.

Il gruppo di sette uomini e una donna risiede ora negli Stati Uniti, in Canada, in Gran Bretagna e in Australia, Paesi liberi, Paesi che hanno sospeso i trattati di estradizione con Hong Kong a causa delle preoccupazioni legate alla controversa legge sulla sicurezza nazionale.

La legge sulla sicurezza nazionale è stata imposta da Pechino a Hong Kong nel 2020, dopo che l’anno precedente enormi proteste a favore della democrazia avevano sconvolto la città semi-autonoma.

La legge criminalizza la secessione, la sovversione, il terrorismo e la collusione con potenze straniere e prevede una pena massima dell’ergastolo.

La legislazione è stata in realtà usata per schiacciare il movimento di opposizione della città, rivedere il sistema elettorale, mettere a tacere i media che si esprimono apertamente e paralizzare la società civile, un tempo molto vivace. Molti degli esponenti di spicco della democrazia di Hong Kong sono stati arrestati o sono fuggiti in un esilio autoimposto.

Non dimentichiamoci di Hong Kong.

 

Glossario politico: il mercato e si suoi nemici

Nel dibattito sulle idee, e quindi anche in politica, gli avversari amano costruire a bella posta dei fantocci, cui attribuiscono tutti i difetti possibili. Il mercato, in sé, non sarebbe nemmeno un’idea, ed ancora meno dovrebbe esser bandiera sotto la quale si arruolano le schiere di una sola parte.

Ma tant’è.

Prevale in Italia, e non da oggi, una istintiva diffidenza nei confronti del mercato. Tale diffidenza ha plurime cause, e si manifesta sotto le più svariate forme. La destra italica, nel suo revanscismo culturale, pare troppo spesso rivitalizzare le peggior forme del corporativismo, basti pensare alla grottesca condiscendenza con cui avalla le più varie amenità di qualche gruppo di pressione, siano essi agricoltori, tassisti, balneari e via discorrendo.

La sinistra, soprattutto quella più nostalgica che revanscista, nutre da sempre una propria diffidenza nei confronti del mercato, cui oppone una propria versione corporativa, che cambia, rispetto a quella destrorsa, solo per gli interlocutori.

Come si conviene, i nemici marciano separati per colpire uniti.

Così tocca prendersi la briga di difender d’ufficio il mercato. La prima accusa che gli si rivolge contro è quella relativa alla sua pretesa perfezione. Breve: i risultati di mercato sarebbero tutto tranne che perfetti.

Ma è un’accusa mal rivolta, che forse potrebbe valere contro i neofiti del mercato, di recentissima conversione che, come tutti i neofiti, peccano di eccesso di zelo.

Nessun sostenitore delle ragioni del mercato ha mai avuto la pretesa di attribuire a questa istituzione la capacità di produrre risultati perfetti. Nessuno di essi ritiene che prendendo a calci una scacchiera questa ricada a terra con tutti i suoi pezzi perfettamente in ordine, perché esisterebbe una qualche mano invisibile che vi provvederebbe, tanto per far ricorso a metafore di chi come Smith è il fondatore non del mercato ma della riflessione economica sul mercato.

E’ vero l’opposto: sono gli avversari del mercato che peccano di quella presunzione fatale che ritiene che si possa ordinare tutto ad un qualche livello centrale: dai prezzi, che sol per questo smetterebbero di esser prezzi, al numero di licenze per questo o quel servizio, fino ad arrivare a determinare il valore del lavoro, che poi sarebbe il prezzo che si riconosce a qualsiasi prestazione.

Adam Smith, che come tutti i grandi economisti prima di esser un economista era un filosofo della morale, scrisse nella sua Teoria dei Sentimenti Morali (1759) che «l’uomo di sistema… sembra immaginare di poter disporre i diversi membri di una grande società con la stessa facilità con cui una mano dispone i diversi pezzi sopra una scacchiera. Egli non considera che i pezzi sopra una scacchiera non posseggono altro principio di movimento oltre a quello che la mano imprime loro; ma che, nella grande scacchiera della umana società, ogni singolo pezzo ha un proprio principio di movimento, completamente diverso da quello che un legislatore possa scegliere di imprimere su di esso» (Theory of Moral Sentiments, 1759, parte VI, sezione ii, capitolo 2).

Il favore per il mercato ha tutt’altra ragione, ed ha a che vedere con l’ignoranza umana.

Il mercato è infatti l’unico strumento collettivo che è in grado di fornire una risposta, approssimativa fin che si vuole, all’ignoranza. Ogni suo avversario che sia un corporativista di destra o di sinistra, e che lo riconosca o meno, deve postulare, per poter giustificare il proprio intervento di pretesa riforma, la perfetta conoscenza dei presupposti e delle conseguenze della propria azione.

Con questa abitudine fa il paio la pretesa di voler trovare una spiegazione per tutto, una legge unica di interpretazione della realtà, una chiave capace di aprire ogni porta dell’esistenza e dell’esperienza umana. E siccome le leggi del mercato non paiono soddisfacenti, si pensa di poterle facilmente modificare, alterare, correggere, convinti di poter indicare fini, scopi, mezzi ad una istituzione complessa.

Quella degli avversari del mercato è la presunzione, per dirla con Einaudi, di essere i soli capaci di rigenerare il mondo. L’ignoranza del liberale, che esige quindi la libertà anche nella sfera economica, è figlia della convinzione, frutto dell’esperienza, che «l’unica, vera garanzia della verità è la possibilità della sua contraddizione, che la principale molla del progresso spirituale e materiale è la possibilità di cercare e di adottare nuove vie senza il consenso dei dottori dell’università di Salamanca, senza attendere le direttive delle “superiori autorità”» (La riforma sociale, sett-ott 1918, 453-455).

Si contesterà che questa è presa di posizione ideologica, dando così prova però di non voler capire. Basterebbe andare a rileggersi quelle meravigliose pagine di Smith in cui cercava di elencare le persone necessarie per la produzione di abito di lana: e vi si legge dell’intervento del sarto, del pastore, il selezionatore di lana, il cardatore, il tintore, il produttore di tinture, il filatore, il tessitore, il follatore, il mercante, il vettore per i trasporti, il costruttore di mezzi di trasporti, etc.

E questo processo vale per ogni bene di consumo, per ogni servizio di cui abbiamo quotidianamente bisogno. Ecco, forse su questo punto si può accettare una correzione: più che bisogni domande, perché il mercato soddisfa domande e non bisogni o desideri.

Si dirà: il mercato è imperfetto. Certo, come ogni opera o istituzione cui l’uomo abbia contribuito alla sua creazione o evoluzione.

Si possono correggere i risultati che si ritengono iniqui, certo. Ma non si può pensare di manometterne il meccanismo.

 

Il libro della settimana (perché noi li leggiamo i libri, Ministro)

La grande ricchezza. Come libertà e innovazione hanno reso il mondo un posto migliore. Di Deirdre N. McCloskey.

Negli ultimi tre secoli l’Occidente prima, e poi il mondo intero, sono cambiati in meglio.

Una trasformazione esponenziale e radicale che, sulle ali dell’innovazione tecnologica e sociale, ha portato a un benessere senza precedenti e a un arricchimento diffuso del tremila per cento.

Secondo Deirdre Nansen McCloskey tutto ciò non è stato reso possibile dalla sola scienza, né dall’accumulo di capitale, tantomeno dalla coercizione di qualche governo, dallo sfruttamento della schiavitù o da qualche inesistente superiorità degli europei.

No, a favorire il cambiamento sono stati gli ideali di libertà e uguaglianza che sono comparsi nell’Europa del Diciottesimo secolo e che hanno consentito, diffondendosi rapidamente, l’esplosione dell’innovismo – secondo McCloskey, la capacità di mettere creatività e ingegno al servizio del benessere, resa possibile dalla libertà economica e personale.

Con “La grande ricchezza” McCloskey ripercorre le vicende storiche del liberalismo in senso classico – quello che Adam Smith definiva “l’ovvio e semplice sistema della libertà naturale” – mostrando come libertà economica, politica e personale, idee che non appartengono né alla destra né alla sinistra, siano state le inscindibili basi di crescita e sviluppo.

 

 

 

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