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NEWSLETTER LDE N. 12 – 3/6/2023

L’alternativa Libdem è autonoma sia dalla destra che dalla sinistra

Il nostro sabato inizia con un bell’editoriale di Alessandro De Nicola uscito su Linkiesta che spiega molte cose di noi, in risposta anche all’accostamento affrettato e inappropriato che qualcuno ci ha attribuito rispetto all’iniziativa popolare che starebbe lanciando Letizia Moratti.

Come dice Alessandro, il nostro movimento non guarda ai conservatori del Ppe, ma lavora per presentare una lista unica di Renew Europe alle elezioni europee, per poi creare un partito aperto e contendibile. Una formazione simile per valori alla FDP tedesca, o ai liberali olandesi, belgi, danesi.

Per noi deve inoltre essere chiaro che il futuro Polo LibDem italiano dovrà essere autonomo, non c’è nessuno sguardo voltato né a sinistra né a destra. I liberali tedeschi solo a seguito delle elezioni hanno per senso di responsabilità accettato il governo semaforo con Verdi e SDP, dopo aver peraltro espresso la loro preferenza a un’alleanza con la CDU.

E, se le circostanze, la fortuna, l’audacia e la capacità lo permetteranno, non c’è una legge storica ineluttabile che impedisca di far si che in Italia si possa ricreare un fenomeno Renaissance, un’aggregazione politica liberale che sia dominante nel quadro politico.

 

Punizione sovrana per l’intero globo terracqueo

Di regola, la potestà punitiva dello Stato si riferisce al territorio su cui quello Stato esercita la propria sovranità. Il Codice Penale italiano, agli artt. 7 e 9, ammette però, a certe condizioni, che il cittadino possa essere punito per condotte previste come reato dalla legge italiana, anche se commesse in paesi che le considerano lecite.

Si tratta di condotte particolarmente lesive degli interessi dello Stato e di ipotesi speciali espressamente previste dalla legge (art. 7) o di reati comuni commessi all’estero in danno di un altro cittadino italiano o commessi in danno di terzi (ma in quest’ultimo caso la punibilità è subordinata ad una serie di altre condizioni) (art. 9).

Aperto è il dibattito (soprattutto in merito alle ipotesi dell’art. 9) sulla necessità del rispetto del principio della «doppia incriminazione», che richiederebbe che il fatto commesso all’estero dal cittadino italiano, per poter essere punito, debba comunque costituire reato anche nel paese straniero.

Il disegno di legge sulla gestazione per altri come reato universale (cioè punito se commesso da italiani ovunque nel mondo) mirerebbe a superare ogni problema applicativo prevedendo in maniera espressa una ipotesi speciale di punibilità anche se nel luogo in cui il fatto viene posto in essere questo non sia previsto come reato.

Per noi un abominio.

Un conto è perseguire il cittadino italiano se all’estero commette reati che offendono gli interessi dello stato, che offendono altri connazionali o cittadini stranieri in territori in cui quel fatto sia ugualmente previsto come reato.

Altro conto è perseguire un cittadino italiano se si fa una canna in Olanda o se ricorre alla gestazione per altri in paesi in tale pratica sia regolamentata (come il Canada, in cui è prevista la gpa c.d. solidale).

Questa pretesa etica dello Stato che estende la sua sovranità punitiva oltre i confini territoriali per colpire il cittadino, ovunque si trovi nel mondo, per noi è aberrante.

Il fine non sono più l’ordine pubblico e la giustizia all’interno del territorio governato, ma la persecuzione del singolo ovunque nel globo terracqueo.

Non più sovranità sul territorio, ma sull’individuo: lo Stato che esercita la sua sovranità imperialistica sull’individuo, anche se si trova altrove.

Con paradossi non da poco: un cittadino francese residente in Italia che ricorra alla gpa in Canada (cove è lecita) non sarà mai punito, perché privo di cittadinanza italiana, diversamente dal vicino di casa italiano.

È questo che significa per voi la cittadinanza?

Tenetevela.

Sullo sfondo, quei bambini che nascono attraverso la gpa, che come ogni individuo sono unici e irripetibili e che, così unici e irripetibili, non sarebbero mai venuti al mondo diversamente: a loro, al loro unico e irripetibile diritto alla vita, ci pare che l’attuale legislatore badi ben poco.

 

Reddito minimo, produttività e inflazione da profitti

Inflazione da profitti in Italia? Magari.

Come ha spiegato molto bene il recente rapporto Focus Congiuntura di Confindustria, con lo shock energetico del 2022, i profitti delle imprese europee, di solito pro-ciclici, sono aumentati a seguito di un aumento dei prezzi di vendita più che proporzionale rispetto ai rincari di gas ed elettricità.

Vi sarebbe stata dunque in Europa, lo scorso anno, un’imprevista e non frequente componente di inflazione da profitti.

La dinamica dei profitti unitari in Italia è stata invece molto diversa. Per il totale dell’economia la crescita si è rivelata molto più bassa che nell’Eurozona: +3,5% nel 2022 rispetto al 2021. I settori che hanno registrato aumenti significativi sono l’energetico-estrattivo e il commercio (+8,0%). Al contrario, in Italia hanno subito una flessione dei profitti unitari sia i servizi (-2,6%) che le costruzioni (-3,8%) e la manifattura ha visto un forte calo (-8,1% in media nel 2022), nonostante il recupero nell’ultimo trimestre. Dunque, la tesi per cui l’aumento dei profitti avrebbe alimentato l’inflazione non si giustifica pienamente all’Italia.

I dati Istat sul markup manifatturiero forniscono la stessa indicazione: caduta da inizio 2021, solo parziale recupero a fine 2022.

Un’analisi recente della Commissione UE, contenuta nell’ultimo Outlook, giunge a risultati analoghi: mostra che in tutti i paesi europei, nel 2022, i profitti unitari hanno contribuito molto al balzo dell’inflazione (cioè alla crescita del deflatore del PIL), tranne proprio che in Italia.

Ciò ci porta una volta di più al problema principale del nostro Paese: la bassa produttività delle aziende, che, unita alla minore dimensione media delle stesse rispetto alle principali concorrenti in Europa, rende sempre più difficile stare sul mercato a condizioni competitive e profittevoli.

Tale problema si lega inevitabilmente alla questione dei bassi redditi italiani.

A produttività scarsa non possono, infatti, corrispondere salari alti. Anzi, l’introduzione di un salario minimo a produttività bassa rischia di spingere il lavoro sommerso.

Un’impresa non profittevole dovrebbe essere destinata ad uscire dal mercato anche perché non in grado di offrire salari dignitosi a risorse qualificate. Dovrebbe essere il mercato a costringere ad innovare i processi, organizzare l’attività secondo logiche manageriali, spingere la crescita dimensionale, le acquisizioni e le aggregazioni per assorbire meglio i costi e offrire stipendi migliori.

 

Il libro della settimana

Elogio del capitalismo. Dieci miti da sfatare. Di Rainer Zitelmann.

Che cosa pensiamo del capitalismo? Le idee più diffuse sul suo conto sono ancorate ai fatti e alla storia? Oppure, al contrario, sono dei pregiudizi smentiti dall’evidenza empirica?

In questo libro, Rainer Zitelmann esamina inizialmente i dieci capi d’accusa più frequentemente rivolti all’economia di mercato: dominata da un’élite di persone ricche che dettano l’agenda politica, sarebbe responsabile della fame e della povertà nel mondo, del degrado ambientale e del cambiamento climatico, delle disuguaglianze, dei monopoli, delle crisi finanziarie e delle guerre, promuoverebbe l’avidità e l’egoismo, spingerebbe le persone a un consumismo sfrenato e potrebbe addirittura favorire l’affermazione di regimi autoritari.

 

Prossimi eventi

6 giugno: ore 18:00 webinar sulle riforme costituzionali sul sito libdemeuropei.it

8 giugno, Roma, ore 20:00, “Oltre il Terzo Polo”, cena di raccolta fondi presso l’Hotel NH Collection di Roma centro, via dei Gracchi

16-17 giugno: Bologna: assemblea degli iscritti di LDE aperta a tutti, inclusi i non iscritti. Trovate qui tutti i dettagli. Iscriveteci utilizzando l’apposito form

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