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NEWSLETTER LDE N. 7 – 29/4/2023

Terzo Polo

Noi ad una nuova offerta politica alternativa agli attuali schieramenti di destra e sinistra, e indipendente da questi, continuiamo a crederci.

Per questo appoggiamo apertamente le candidature a sindaco di Paolo Cianfoni a Terni, di Nicolò Rocco a Treviso e di Carlo Fantinello a San Donà di Piave (Venezia).

Mentre vi scriviamo siamo proprio a San Donà di Piave con gli amici di Azione e Italia Viva a parlare di fondi europei, di Silvio Trentin, di debito pubblico, di federalismo, di bonus edilizi regalati a tutti, di immagine di inaffidabilità che le liti di maggioranza dimostrano all’estero e di elettorato alla ricerca disperata di nuova offerta politica.

Per il resto concordiamo con quanto ha detto Matteo Renzi in settimana: “Il terzo polo ha uno spazio indipendente da quello che penso io, Magi o Calenda. Questo spazio c’è, non possiamo che prendere atto.”

In questo spazio noi continuiamo a tessere e costruire la proiezione di Renew Europe in Italia.

La settimana

“Capiamo che l’argomento sia sensibile per l’Italia, ma abbiamo bisogno della ratifica affinché altri Stati membri possano beneficiare del sostegno del Mes in caso di difficoltà”. Anche troppo pacato e conciliante il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, sulla mancata ratifica da parte dell’Italia del Trattato che modifica il Meccanismo europeo di stabilità.

Dalla presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, poche ma precise parole: “Sarebbe un bene se la riforma venisse ratificata” una volta per tutte. Stesso messaggio, ma con toni diversi, è arrivato dal ministro delle Finanze del Belgio, Vincent Van Peteghem: “C’è bisogno di ratificare il trattato di riforma del Mes”.

Insomma, il pressing dell’Eurogruppo è cominciato.

L’argomento in Italia non è “sensibile”, ma ideologizzato e strumentalizzato ad arte.

Disse bene Renato Brunetta, quando ammonì: “Basta propaganda sul Mes, siate ragionevoli: rafforza l’Italia”.

L’Italia è l’unico Paese dei 20 membri dell’Eurozona a non aver ancora ratificato il nuovo trattato.

Vergogna.

Il tema dei temi adesso però è la riforma del Patto di stabilità che la Commissione europea ha presentato e che potrebbe entrare in vigore già all’inizio del 2024.

Secondo Lorenzo Bini Smaghi si tratta di «un commissariamento della politica di bilancio dei paesi ad alto debito. In particolare dell’Italia».

Carlo Cottarelli è meno pessimista, rilevando che si tratta di un cambiamento radicale che dovrebbe consentire all’Italia un rientro più graduale del livello di indebitamento: le regole precedenti contenevano un eccesso di parametri numerici nel tentativo di codificare, in termini di aggiustamento dei conti pubblici, le molteplici circostanze in cui un Paese si poteva trovare, per esempio quanto lontano fosse dalla piena occupazione, quale fosse il suo livello di debito, se stesse realizzando investimenti, se ci fossero spese per i migranti, eccetera. Adesso, la Commissione concorderà i criteri e le modalità di aggiustamento con ciascun Paese in un orizzonte che può essere di quattro o sette anni, a seconda delle riforme previste.

Qualora poi non venissero rispettate le nuove formule di bilancio, le sanzioni stavolta scatterebbero in modo automatico. La Germania voleva molta più attenzione ai conti, l’Italia maggiore flessibilità. Alla fine, ne è uscita una soluzione di compromesso.

In base alle simulazioni Ue all’Italia sarebbe richiesta – in linea con il Def – una correzione di bilancio fino a 15 miliardi l’anno per quattro anni. Oppure di 7-8 miliardi in sette anni.

Pare esserci comunque irritazione al Mef. In un colloquio con il Corriere della Sera, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha commentato categorico: “Il nuovo Patto di stabilità impone una rigorosa revisione della spesa pubblica, di tutta la spesa, compresi gli investimenti”.

Come sappiamo, all’Italia non fa in ogni caso bene mantenere un alto livello di indebitamento e la crescita che stiamo continuando ad intercettare – con grande sorpresa di molti analisti -, al netto degli interventi necessari per le fasce più deboli della popolazione, dovrebbe suggerirci una sua progressiva riduzione.

Ma per questo ci vuole coraggio e la teoria della public choice ci insegna che consenso elettorale e coraggio non vanno quasi mai d’accordo.

A proposito di crescita, il prodotto interno lordo ci ha da tempo abituato alle sorprese.

E il primo dato riferito al 2023 rinverdisce la tradizione: Reuters forniva una previsione di +0,2%, altri più ottimisti si spingevano fino a +0,3% ma nessuno avrebbe scommesso nulla su +0,5% nel primo trimestre rispetto all’ultimo del 2022.

Invece è andata così e il comunicato ufficiale dell’Istat parla di contributo venuto da tutti i settori, dalla domanda interna e dalle esportazioni nette, dall’industria e dai servizi.

Anche il confronto con i nostri partner è particolarmente lusinghiero perché solo la Spagna ha registrato lo stesso passo (+0,5%), mentre la Germania ha visto l’indice rimanere invariato e la Francia è cresciuta più lentamente (+0,2%).

Il confronto con dodici mesi fa ci mostra per l’Italia un +1,8% e a questo punto la crescita acquisita per l’anno in corso segna un incoraggiante +0,8%.

E siccome è facile prevedere un’espansione economica nei trimestri centrali del 2023 pari allo 0,2/0,3% ciò significa che il Pil italiano potrebbe crescere di almeno l’1% quest’anno.

Attenzione, però, perché l’Italia rimane fanalino di coda nel 2022 per lavoro e occupazione. Secondo i dati Eurostat, l’occupazione nell’Ue ha infatti toccato lo scorso anno il 75% nella fascia di età tra i 20 e i 64 anni. Si tratta del massimo dal 2009, quando iniziano le serie storiche. Il tasso di occupazione era calato al 72% nel 2020 a causa della pandemia di Covid-19, ma è risalito al 73% nel 2021 per guadagnare altri due punti percentuali nel 2022. L’Italia resta però in coda rispetto all’intera Unione con un’occupazione al 65%, dieci punti percentuali in meno della media Ue. Lavorano più greci (66%) e rumeni (69%).

Sarebbe utile, in questo quadro, che il Governo difendesse meno corporazioni e settori lavorativi forse non più al passo con i tempi e agevolasse di più la nascita di nuove occupazioni in nuovi settori ad alta innovazione.

Dopo l’assoluzione in Cassazione finalmente si è accertato, in via definitiva, che la trattativa Stato-Mafia non è mai esistita (“il fatto non sussiste”) ci pare abbia detto tutto il Generale Mori: “Favoleggiamento durato 27 anni, i detrattori ora cosa s’inventeranno per vendere libri e giornali?”

Un’ultima parola sulla mancata approvazione del DEF nella prima seduta di voto. Non vogliamo accodarci al coro polemico delle opposizioni, ma una cosa ci pare chiara: l’assenteismo nel corso di sedute fondamentali come questa può significare solo due cose: sprovvedutezza o malessere rispetto all’azione del Governo. Dovremmo politicamente sperare nella seconda, ma abbiamo forti sospetti sulla prima.

Il libro della settimana

Capitalismo, di Alberto Mingardi. Esce la prossima settimana. Parola detestata dai più, che sottintende spesso un giudizio negativo. Perché? Da sempre l’umanità scambia beni e servizi, ma è dalla Rivoluzione industriale che la dimensione economica del mercato ha modificato radicalmente la nostra vita: per la prima volta nella storia abbiamo sperimentato cosa vuol dire «crescita», e con essa un aumento del reddito medio e della speranza di vita. Allo stesso tempo, le disuguaglianze proliferano: i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Il capitalismo è dunque solo uno strumento di sfruttamento dell’uomo sull’uomo? Rivedute e corrette, le accuse di oggi sono le stesse dell’epoca di Marx ed Engels. Questo libro intende fare un po’ di ordine e soprattutto raccontare un’altra storia. È dalla Rivoluzione industriale che aspettiamo la fine del capitalismo. Ma per sostituirlo con cosa?

Prossimi eventi

19 maggio, ore 18:00 sul sito libdemeuropei.it: La meritocrazia è sopravvalutata? Il caso italiano, webinar con Guido Gentili, Alessandro Scarpa, Marianna Vintiadis e Giampaolo Galli. Modera Alessandro De Nicola.

16-17 giugno: Bologna: assemblea degli iscritti di LDE aperta a tutti, inclusi i non iscritti (iscrizioni aperte dalla prossima settimana)

 

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