In un’economia di mercato, lo Stato deve determinare le regole del gioco, garantirne il rispetto da parte di tutti e, solo in pochi e ben delimitati casi, avere un ruolo attivo nel mercato.
Promuovere la concorrenza nel mercato nazionale e internazionale è essenziale per aumentare produttività e innovazione, nonché dare una maggiore libertà di scelta, più servizi di qualità e prezzi più convenienti per i cittadini. Uno Stato liberale elimina i monopoli ingiustificati e riduce la propria partecipazione al capitale di impresa se non strettamente necessaria creando così un mercato più dinamico ed equo per tutti.
Produttività e crescita economica crescono solo in un contesto di concorrenza del mercato. Secondo uno studio OCSE, dal 2000 la produttività in Italia è diminuita del -0.3% annuo, contro una crescita media degli altri paesi OCSE del +0.3%. Le misurazioni della produttività, intesa sia come quanto un lavoratore riesce a produrre che come quanto prodotto una determinata quantità di capitale riesce a creare, è una delle principali metriche che determina lo stato di salute di un’economia, e soprattutto una delle leve principali della crescita del PIL. Il principale fattore che ha determinato il mancato aumento di produttività nel nostro Paese è stata allocazione delle risorse sia private che pubbliche in un’ottica poco concorrenziale soprattutto da parte dello Stato.
Lo Stato ha un ruolo fondamentale sull’allocazione sia delle risorse private che pubbliche. Sulle prime, tramite la creazione di incentivi e sgravi che spingono le aziende ad investire in un modo piuttosto che in un altro. Sulle seconde, ovvero le risorse pubbliche, si è già detto tanto anche nel primo articolo della serie Dubbi Liberali. Per citare alcuni esempi di allocazione di risorse pubbliche che hanno sfavorito la concorrenza con risultati dubbi in termini di creazione di valore, vengono subito in mente i 12 miliardi di euro ricevuti da Alitalia, e i 7 dalla Fiat. Questi investimenti dello Stato-Imprenditore hanno spesso permesso ad aziende improduttive di sopravvivere, alterando il mercato spesso a scapito dei concorrenti che non vantavano benefici e privilegi statali. Il risultato è ovviamente un servizio o prodotto di qualità inferiore e a prezzo superiore a quanto un mercato con una libera concorrenza avrebbe fornito ai cittadini.
Lo Stato-Imprenditore ha spesso creato poco valore, rompendo gli equilibri di mercato e creando monopoli, ma ci sono (poche) illustri eccezioni
Se da un lato la concorrenza è fattore fondamentale per la crescita di un’economia, il laissez-faire, ovvero la concorrenza deregolamentata, non è allo stesso tempo la soluzione auspicabile. Scriveva Luigi Einaudi nel saggio Economia di concorrenza e capitalismo storico (1941): “Il paradosso della concorrenza sta in ciò che essa non sopravvive alla sua esclusiva dominazione. Guai al giorno in cui essa domina incontrastata in tutti i momenti e in tutti gli aspetti della vita! La corda troppo tesa si rompe. L’uomo, jugulato dalla febbre della lotta, invoca un’ancora di salvezza, qualunque àncora, persino quella collettivistica. Egli sa di perdere qualsiasi liberta, di diventare schiavo del più spaventoso padrone che la storia abbia mai veduto, il tiranno collettivo, che non ha nome, che è tutti e nessuno, e stritola gli individui per ridurli a meri strumenti.” Per evitare questa catastrofe, è necessaria la presenza dello Stato nel mercato. Questa presenza, però, deve determinare le regole del gioco, garantirne il rispetto da parte di tutti i player e, in pochi e ben delimitati casi, avere un ruolo attivo.
Lo Stato deve giocare un ruolo centrale nella transizione ecologica diventando imprenditore e innovatore
Su quest’ultimo punto, vale la pena soffermarsi citando un’evidenza dove lo Stato sta giocando un ruolo fondamentale. La sfida della transizione ecologica è un chiaro esempio di caso dove è auspicabile un intervento diretto dello Stato, almeno in una prima fase, per accelerarne la crescita e lo sviluppo tecnologico. Grazie al PNRR, Cassa Depositi e Prestiti ha potuto aumentare la dotazione della propria divisione di Venture Capital. È stato così creato il fondo Green Transition Fund (GTF) con il mandato di investire fino a 250 milioni di euro nel capitale di start-up che stanno sviluppando tecnologie nei settori delle rinnovabili, economia circolare, mobilità e efficienza energetica, per citarne alcuni. Altri esempi di successo di Stato-Imprenditore green, anche a livello internazionale, includono il prestito concesso nel 2009 dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti di 465 milioni di dollari a Tesla. Questo prestito a tassi agevolati ha permesso alla società di sviluppare tecnologie avanzate per la produzione di veicoli elettrici, consentendo ad un’azienda con un profilo di rischio elevato e poco appetibile ad investitori privati di innovare il mercato, creando valore e posti di lavoro per l’intero paese.
Promuovere la concorrenza nel mercato quindi è un obiettivo che può portare benefici significativi all’intera economia nazionale e ai cittadini. L’eliminazione dei monopoli ingiustificati e la riduzione della partecipazione dello Stato al capitale di impresa, se non in quello di vero valore strategico, sono le misure necessarie per creare un mercato più dinamico ed equo, dove le imprese meritevoli possono emergere e i cittadini possono beneficiare di servizi di alta qualità a prezzi convenienti.