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PNRR: cosa fare per evitare il flop dietro l’angolo

Le 457 pagine del rapporto delle Sezioni Riunite di Controllo della Corte dei Conti sullo stato di avanzamento del PNRR non meritano il brontolìoindispettito espresso dal governo. Per fortuna la Corte mostra di prendere estremamente sul serio il compito analitico che non si è autoatttribuita, ma le è stato conferito per legge. Senza i suoi apporti, dal portale ufficiale del PNRR – Italia Domani – si capirebbe ben poco di quanto sta avvenendo. E bene fa la Corte a non limitarsi a scrutinare solo l’ottenimento da parte del governo dei milestones nel primo semestre dell’anno, ma anche a estendere il suo faro ai 69 obiettivi da raggiungere entro fine anno. Su questo è scattata la reazione governativa: “gli obiettivi della quinta rata saranno valutati dalla Commissione UE solo dopo la presentazione della richiesta di pagamento, pertanto non c’è alcun ritardo”. Nella reazione si legge bene la differenza tra due prospettive. Per il governo l’esame va fatto solo ex post, nel caso in cui non si riuscisse a raggiungerli, e metterne in dubbio il conseguimento è solo polemica politica.  Mentre la Corte non fa politica, prende solo alla lettera il suo dovere di segnalare i ritardi prima che il cronoprogramma scada, al fine di dare consapevolezza pubblica di dove bisogna accelerare. E che accelerare si debba è fuori discussione visto che, a fine ottobre, di 69 obiettivi entro l’anno quelli raggiunti erano solo 10, e dei restanti solo per 28 la difficoltà è considerata bassa. Comunque non è questo il punto più rilevante delle 457 pagine.  Sintetizzando all’estremo, tra tutti ne spiccano almeno tre. Il primo è la conferma che il problema non è il mero conseguimento degli adempimenti procedurali, il più di quelli sin qui previsti: il problema numero uno è la capacità di spesa. Il secondo è che si fa sentire eccome, il troppo tempo perso dalla nascita del governo per presentare solo quasi 11 mesi dopo alla UE la rimodulazione di ben 190 obiettivi su 527 del PNRR. Il terzo consegue ai primi due: serva rapidamente un intervento sulla struttura voluta dal governo per tenere le briglie del PNRR. La difficoltà di spesa è purtroppo la sorpresa minore: riconferma la tradizionale incapacità della PA italiana a spendere bene e a spendere velocemente, anche quando ci sono le risorse. Ad onta di tutti gli snellimenti procedurali varati per il PNRR, si ripropone quanto avviene a ogni sessennio dei vari fondi europei all’Italia. Il governo può far spallucce quanto vuole, ma un dato dice tutto: dei 27 interventi-campione per 31,1 miliardi. scelti dalla Corte per monitorare l’avanzamento della spesa, essa alla fine di giugno era ferma solo al 7,9% del totale stanziato. Aregistrare la percentuale più alta, con il 31,8%, sono gli enti territoriali. Ma occhio: al Nord il 55% degli investimenti previsti per i Comuni è stato già avviato e aggiudicato, dai Comuni del Sud solo il 25%. Veniamo al secondo allarme. Poiché anche la declinazione italiana del Repower EU è arrivata tardi ed è a propria volta in attesa di conferma da Bruxelles, per i progetti di transizione energetica che Roma chiede di spostare nel Repower, nonché per quelli (soprattutto nei piccoli Comuni del Sud) che propone di spostare nei fondi ordinari di sviluppo e coesione europei la cui realizzazione farebbe guadagnare 2-3 anni in più rispetto al PNRR, al ritardo si è sommata l’incertezza. Non tanto per i quasi 15 miliardi virati nel Repower, anche se questo spiega come molti progetti della transizione energetica vedano ancora a zero la spesa impegnata. Ma per i diversi miliardi ai piccoli Comuni meridionali, che resteranno appesi alla possibilità che la finanza pubblica nazionale italiana trovi poi davvero il corrispettivo necessario al loro cofinanziamento, come previsto per i fondi ordinari UE. Terzo allarme, conseguente. Non si tratta di esprimere critiche politiche al ministro Fitto. E’parere diffuso che sia uno sgobbone, lavora sodo e dichiara poco, a differenza di molti suoi colleghi che fanno l’opposto. Ma per quanto sia stata potenziata l’unità di missione a Palazzo Chigi a lui devoluta per ilPNRR, la criticità è evidente. A Fitto si sono affidati una mole crescente di incarichi. E’ ministro per gli Affari Europei, per il PNRR, per il Sud e le politiiche di coesione. Si occupa direttamente della crisi dell’ex ILVA. La nuova legge che accorpa tutte le politiche per il Sud fa capo a lui. A lui spetta l’ardua opera del passaggio a un’unica ZES per l’intero Sud rispetto alle 8 ZES che erano state individuate, rinviate per anni ma infine finalmente operative con qualche primo risultato tra il buono e l’ottimo, ma che erano centrate su distintespecializzazioni industriali e portuali e infrastrutture logistiche. Il moltiplicarsi delle unità di missione a Palazzo Chigi non può reggere tutto questo. Ergo bisogna svegliarsi, ricentrare il PNRR su una cabina di regia adeguata. Leggetevi infine sui guai del PNRR La Grande Abbuffata, scritto per Fetrinelli da Tito Boeri e Roberto Perotti. Il PNRR è partito male con Conte: troppi soldi presi a debito con l’idea fallace che saremmo stati capaci di spenderli presto e bene, dispersi tra migliaia di soggetti attuatori in gran parte non in condizioni idi farlo. Tutti ripetono che il PNRR è il grande motore di un balzo di crescita per l’Italia. Ma basta leggere i documenti ufficiali del governo come le tabelle annesse alla legge di bilancio, per capire che al MEF restano molto ma molto più prudenti. Megliodunque non far spallucce. Perché, come scrivono gli autori, “nessuna retorica e nessun fiume di parole può trasformare un’idea confusa o non realistica in un buon investimento.”        

di Oscar Fulvio Giannino

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