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Regolamento su pubblicità politica – Sandro Gozi

Perché un regolamento sulla pubblicità politica?

Perché vogliamo che i cittadini sappiano se quello che stanno visualizzando è o non è una pubblicità, se è a pagamento oppure no, ed eventualmente da chi è stata pagata. Siamo noi cittadini e non gli algoritmi a decidere come esercitare la nostra libertà di pensiero e, per questo, dobbiamo avere tutti gli strumenti e le informazioni: non può essere un algoritmo a decidere chi può esprimersi e chi deve essere eletto. Quindi non limitiamo assolutamente la libertà di espressione di ognuno di noi, come vuol far credere qualcuno, ma semplicemente limitiamo lo strapotere di amplificazione delle grandi piattaforme digitali senza il consenso dei cittadini. Inoltre, le nostre regole si applicano unicamente ai servizi remunerati e questo andrà a vantaggio anche di tante imprese di servizi di pubblicità politica in Europa a cui garantiamo maggiore sicurezza giuridica, chiarendo chi è responsabile per cosa e, allo stesso tempo, rafforzando la protezione dei diritti fondamentali dei cittadini. Infine, rispondiamo in maniera tempestiva alla domanda di più trasparenza delle attività politiche: quello sulla pubblicità politica è il primo passo. Chi dice che non basta o invoca pericoli infondati, in realtà vorrebbe mantenere lo status quo: quello che ha contribuito a scandali come Cambridge Analytica o, sotto aspetti diversi, al Qatargate.

Quali modifiche ha chiesto il Parlamento europeo giovedì nella plenaria di Bruxelles?

Il rapporto è stato adottato prima in Commissione Mercato interno con un’ampia maggioranza (31 favorevoli e 9 astenuti) e poi dalla Plenaria con 433 voti favorevoli, 61 contrari e 110 astensioni. Abbiamo raggiunto il corretto punto di equilibrio sul testo e i principali gruppi politici hanno mantenuto l’impegno di attenersi all’accordo. Alcuni gruppi avevano presentato emendamenti che avrebbero minato proprio la trasparenza e la lotta alle ingerenze straniere nei nostri processi democratici, vere stelle polari di questo rapporto. Sarebbe stato un favore a chi dall’esterno cerca di distruggere l’Unione europea e le nostre democrazie. Ora, come sempre avviene, si apre il negoziato con i governi, nel Consiglio Ue: vogliamo trovare un buon compromesso sul testo entro giugno, per poterlo applicare alle prossime elezioni europee. Sono fiducioso: confronteremo le due posizioni negoziali – nostre e dei governi – e arriveremo con le modifiche necessarie ad un buon risultato.

Può contribuire a contrastare la disinformazione?

Assolutamente sì. Ci sono troppe interferenze illecite nei nostri processi democratici. Come legislatori abbiamo la responsabilità di combattere questo fenomeno, ma anche di garantire che il dibattito rimanga aperto e libero, di non retrocedere sui nostri diritti e sulle nostre libertà. Stiamo dando seguito ai risultati e alle proposte della Commissione speciale d’inchiesta sulla disinformazione e le ingerenze straniere, ad esempio vietando ad attori extra-europei di sponsorizzare attività politiche.

 

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