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Renew Europe: i libdem italiani possono ancora fare la differenza alle Europee

Azione e Italia Viva, nonostante tutto, dovrebbero presentare un’unica lista alle prossime elezioni per il Parlamento di Strasburgo: «L’obiettivo dev’essere più di superare la soglia di sbarramento, deve essere l’alternativa al bipopulismo», spiega a Linkiesta Sandro Gozi, eurodeputato e segretario del Pde

Scongiurato il divorzio tra Azione e Italia Viva, ora che le prossime Europee hanno una data, può cominciare, chiamiamola così, la terapia di coppia. Manca un anno. Farsi concorrenza, tanto più con un sistema proporzionale, non solo sarebbe stata poco comprensibile per gli elettori: sarebbe stata un’occasione mancata. Invece «quella italiana può essere la seconda delegazione di Renew Europe» nel prossimo Parlamento europeo, dice a Linkiesta Sandro Gozi, eurodeputato e segretario del Partito democratico europeo (Pde), a patto di unire le forze. Non per superare la soglia di sbarramento, ma per «fare la differenza».

Dopo settimane di attriti, sembra arrivato un lieto fine sulla corsa comune tra Azione e Italia viva?
È una buona notizia, un buon risultato. Dall’ottica del Partito democratico europeo, di cui sia Italia Viva che Azione fanno parte, ne siamo soddisfatti. È importantissima la prospettiva di una lista unitaria di Renew Italia. Sono convinto che l’ambizione delle forze liberali, democratiche e riformatrici non può essere quella di chi fa il quattro per cento. Deve essere quella di chi veramente presenta un’alternativa sia all’estrema destra reazionaria di Giorgia Meloni sia alla sinistra movimentista e populista di Elly Schlein.

La posta in gioco è il ruolo dell’Italia in Europa, una presenza forte al Parlamento europeo dopo il 2024, dove l’Italia può essere anche la seconda delegazione di Renew Europe, che oggi è il terzo gruppo parlamentare. Viste le sfide enormi che abbiamo, dal preparare la pace e la ricostruzione dell’Ucraina all’allargamento nel futuro prossimo dell’Unione, i nostri rapporti strategici con gli Stati Uniti e con la Cina, con l’Africa, abbiamo bisogno non di “fare la soglia”, ma di fare la differenza.

Un elettore disincantato, dopo le bordate di qualche settimana fa, potrebbe chiedersi se durerà la tregua tra Matteo Renzi e Carlo Calenda. Come si fa a farla durare?
Lo si fa lavorando sulla politica e sulle politiche. Dobbiamo dare una speranza a chi non vota più, a chi si astiene, ai giovani, a due milioni mezzo di persone che ci hanno dato fiducia il 25 settembre dello scorso anno. Al di là della propaganda di media e istituzioni, quella di Giorgia Meloni è un’Italia reazionaria sui diritti civili, delle coppie Lgbt, sull’immigrazione e, quindi, un’Italia inefficace sul Pnrr. La realtà è che abbiamo un governo di estrema destra che parla di sostituzione etnica. Dall’altra parte c’è il nulla cromatico, cioè il Partito democratico di Schlein.
È lavorando in maniera radicale sulla promozione e la tutela dei diritti civili e in maniera molto pragmatica per rispondere alle esigenze delle imprese, soprattutto piccole. Su una vera riforma dell’università, oltreché la battaglia per costruire un’Europa sovrana e democratica, che è la vera alternativa al populismo e all’estrema destra. Credo che questi siano i punti che devono avviare e tenere insieme quel percorso, che è molto più importante degli aspetti caratteriali.

Oggi e domani a Roma c’è l’evento di Renew Europe. Come ha vissuto la famiglia europea le incomprensioni tra gli affiliati italiani? Avrebbe sperato in un partito unico?
Dal punto di vista di Renew Europe l’importante è unire le forze per vincere le elezioni europee. Questa è la nostra priorità, con delle liste comuni che si riconoscono nella leadership politica di Emmanuel Macron. È quello che abbiamo fatto nel 2019 e faremo in Francia nel 2024. Non c’è un partito unico macroniano, ma c’è una lista, di cui faranno parte almeno quattro partiti. Per noi è importante unire le forze attorno a un progetto politico condiviso, per proseguire la trasformazione europea.
Dico “proseguire” perché noi ci presentiamo, e lo diremo anche a Roma, con un bilancio molto positivo. Poi il partito unico non è una questione di Renew Europe, ma riguarda le forze politiche italiane. Mi sembra che oggi, però, la priorità sia – ripeto – ottenere un buon risultato con un’alleanza politica. Del resto, Renew Europe stessa è un’alleanza politica, tra i liberali dell’Alde, i democratici del Pde e altre forze. Il messaggio che daremo è: uniamo le forze perché dobbiamo restare protagonisti, i king maker di una maggioranza europeista anche nel 2024 e per questo abbiamo bisogno di più Renew Europe in Europa e di più Italia in Renew Europe.

Per restare, diciamo, sulla stessa fonetica: +Europa può essere uno dei vostri interlocutori, quali sono gli altri?
Io stesso ho tenuto contatti con Riccardo Magi per assicurarmi che lui ed Emma Bonino fossero presenti all’evento di Roma. Quando parlo di lista comune, spero assolutamente che +Europa deciderà di farne parte. Assieme a Italia Viva e Azione, ai liberali democratici europei che ho contribuito a promuovere con Oscar Giannino, Giuseppe Benedetto e Alessandro De Nicola. Lavorerò perché queste quattro realtà siano all’interno della lista comune.
Poi tutte i movimenti, le associazioni, le personalità che condividono questa prospettiva e vogliono superare un bipopulismo che invece sia media, analisti e parte delle istituzioni provano a farci ingoiare. Sono le europee la migliore occasione per dire che c’è un’alternativa al bipopulismo: perché giochiamo in casa, perché siamo la forza più europeista in Europa e anche in Italia, e per una ragione tecnica, ma importante, che è il sistema elettorale proporzionale.

Ritiene concreta l’ipotesi di uno spostamento a destra del Partito popolare europeo (Ppe), con un’apertura a Ecr, dopo le prossime Europee o sono le solite dinamiche politiche nazionali a farci scorgere sommovimenti che in realtà non ci sono, o non ci sono ancora?
È evidente il lavoro di Manfred Weber, Antonio Tajani e Roberta Metsola per costruire un’alleanza di destra assieme a Ecr, guardando anche all’estrema destra di Id. È un tentativo che snatura il Ppe così come era nato, è stato il partito di Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Schuman. Non ne fanno mistero: in qualsiasi intervista, che parlino del Perù o della Mongolia, ci mettono dentro la loro prospettiva di alleanza, di fatto allargata. Tajani parla spesso di “liberali” e di nuovo lo informo che Renew di questa alleanza con l’estrema destra non ne vuole sapere.
Il punto, però, è quanto è tattica e quanto è propaganda. Perché non hanno i numeri per riprodurre il populismo a livello europeo. Mi sembra che all’interno dello stesso Ppe ci siano forti resistenze. Quella certamente non sarà la nostra prospettiva, che è quella di rafforzare l’integrazione europea, e non sono le parole di Sandro Gozi: è l’impegno formale che abbiamo preso nel memorandum of understanding tra Alde, Pde e Renaissance e diciamo no ad alleanze con gli estremisti.

linkiesta.it

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